Nuove scoperte sui muri della Villa Farnesina di Roma restaurando un ascensore
Una restauratrice ci racconta come la recente (e casuale) scoperta di pitture seicentesche a Villa Farnesina abbia dato impulso a una serie di approfondimenti oggi confluiti nelle mostre in corso
A Roma è il momento del Seicento, secolo d’oro per l’arte che la città sta celebrando attraverso diverse, importanti mostre. Così tra Guercino alle Scuderie del Quirinale, Marini a Villa Borghese, Caravaggio e Maratti a Palazzo Barberini, un altro scrigno delle delizie stupisce studiosi e appassionati, turisti e cittadini con due mostre che vanno ad arricchire un già denso percorso espositivo. Villa Farnesina, alla luce di recenti scoperte si rivela al pubblico con un duplice percorso: Il Seicento in Villa Farnesina e il progetto direttamente legato alconvegno Studi e indagini sul periodo farnesiano di Villa Farnesina, terminato con la pubblicazione del libretto Il seicento in villa Farnesina che ne presenta gli esiti.
Due mostre (visitabili fino al 12 gennaio 2025) nate in seguito a un percorso di studi e di restauri che, come ha spiegato la dottoressa Maria Rosaria Basileo, restauratrice freelance con cui abbiamo avuto il piacere di parlare, sono iniziate dalla scoperta del tutto casuale di nuove decorazioni seicentesche nella villa.
L’intervista alla restauratrice Maria Rosaria Basileo sul Seicento in Villa Farnesina
Com’è nato il progetto?
Durante un intervento di manutenzione tecnica dell’ascensore, sono stati scoperte, attraverso un’apertura nell’intercapedine, delle decorazioni di matrice Seicentesca. Queste decorazioni, realizzate a secco, tecnica adoperata anche in altri ambienti della villa, sono state rinvenute sia dietro la volta Ottocentesca di quello che prima era il bookshop del museo sia alla destra dell’intercapedine dell’ascensore. Le prime decorazioni rappresentano inequivocabilmente un trionfo dei Farnese, identificabile dallo stemma incoronato della famiglia, portato in trionfo da putti alati; le seconde presentano sui pennacchi putti con festoni e, nelle lunette, paesaggi romani dell’epoca.
Come sono state rese fruibili queste opere?
Poiché l’accesso è alquanto complicato e il restauro è appena iniziato, la direttrice del Museo, la conservatrice Virginia Lapenta e i ricercatori, gli storici dell’arte Alessandro Zuccari e Giulia Daniele hanno pensato di adottare le nuove tecnologie: grazie a delle webcam posizionate negli ambienti decorati i visitatori possono vederne le riprese in tempo reale.
Come siete intervenuti sulle opere ritrovate?
Per il momento, io e i miei colleghi Loredana Modanesi e Antonio Forcellino abbiamo eseguito una prima fase dell’intervento: la priorità è stata quella di mettere in sicurezza le opere e svolgere le analisi dei pigmenti e della tecnica esecutiva, a cura di Massimo Musacchio (INGV), per fare anche delle comparazioni con le altre pitture presenti all’interno di Villa Farnesina. Durante il convegno presieduto dagli accademici dei Lincei e organizzato in collaborazione con École Française de Rome e la Direttrice Brigitte Marin, sono emerse diverse novità: gli studi congiunti di storici dell’arte, chimici, restauratori, conservatori, hanno permesso di incrociare molti dati da cui sono emerse nuove informazioni sulla storia di queste pitture all’interno della villa. Quindi a questa prima fase conservativa ne seguirà una seconda, di restauro più approfondito.
La Galatea nella pittura del Seicento
E questa non è l’unica novità espositiva della stagione, giusto?
Esatto, parallelamente il museo ospita un’altra mostra: Il Seicento in Villa Farnesina, che ruota intorno alla comparazione tra la Galatea ad affresco di Raffaello con altri dipinti aventi lo stesso tema, ovvero con la Galatea di Pietro da Cortona (XVII Secolo, Accademia di San Luca); la Galatea di Andea Sacchi (XVI Secolo, Palazzo Altieri Roma); Le tre virtù teologali di Annibale Carracci (bottega, del Museo e Real Bosco di Capodimonte). Queste opere, realizzate con tecniche e materiali diversi, mostrano in maniera lampante la genialità dei singoli autori, dal momento che non si tratta di copie, ma di libere e originali interpretazioni del tema, per quanto ispirate dall’opera di Raffaello.
Come definirebbe la Galatea in questa mostra?
Nella visione di questi artisti Galatea è una donna vittoriosa, sensuale, che ignora il trambusto che si sta verificando ai suoi piedi e rifiuta un’unione violenta, quella con Polifemo, gigante rappresentato da Sebastiano del Piombo (artista che lo stesso Chigi portò a Roma) sulla parete sinistra. Il ciclope, che, secondo alcuni, si può leggere come metaforico ritratto di Agostino Chigi rifiutato da Margherita Gonzaga, è rappresentato seduto, atterrito davanti al mare, mentre smette di suonare per guardare la sua Galatea che, anziché essere attratta dal suono, fugge dal lato opposto. Galatea, in altre parole si può considerare la celebrazione del desiderio amoroso, è dunque comprensibile che sia stata ripresa da diversi artisti negli anni successivi.
Oltre il Seicento, la professione del restauratore
Cosa vuol dire essere una restauratrice freelance?
Si tratta di una professione in cui devono convivere una grande preparazione, tanta passione e una buona dose di coraggio. Quella dei restauratori non è ancora una categoria professionale pienamente riconosciuta, per quanto deputata alla conservazione della memoria storica dell’umanità. Lo studio e la formazione sono componenti essenziali del nostro lavoro perché ogni intervento è a sé stante, unico. Inoltre, le conoscenze tecniche, chimiche e scientifiche devono andare di pari passo a quelle storico-artistiche. Il restauratore deve avere sempre una visione ampia perché per lavorare correttamente sulla materia e sulle superfici bisogna conoscere la storia e rispettarla: Noi siamo come medici dell’arte.
C’è anche una componente creativa?
Certamente, per quanto l’ego debba retrocedere in favore dell’autore, la creatività risiede nel fatto che tutti gli interventi sono unici e diversi. Quindi ogni restauro rappresenta una sfida a livello tecnico e procedurale.
Un libro da consigliare ai lettori?
A parte la nota Teoria del restauro di Cesare Brandi, una “bibbia”, per chi vuole cimentarsi in questo campo, per rimanere in tema consiglierei: La fede astrologica di Agostino Chigidi Fritz Saxl, un testo che trasmette la grande libertà di Agostino Chigi che, nel Cinquecento, concepì Villa Farnesina come luogo di gioia, divertimento e libertà.
Ludovica Palmieri
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