Sorprese al Poldi Pezzoli di Milano: il restauro rivela una nuova attribuzione per “La Dama” del Pollaiolo

È Antonio del Pollaiolo e non il fratello Piero l’autore della Dama al Museo milanese. Questa la rivelazione emersa all’indomani del restauro e confermata dagli esperti che hanno identificato nella giovano un ritratto ideale della Beatrice dantesca

Si è concluso proprio in questi giorni l’ultimo restauro del dipinto la Dama del Pollaiolo al Museo Poldi Pezzoli di Milano. Sul quale le osservazioni della restauratrice Carlotta Beccaria si sono rivelate estremamente interessanti anzi, a dire il vero, dirimenti. La restauratrice, che ha avuto modo di osservare a lungo il celebre Ritratto di giovane donna, evidenzia come i gioielli della dama siano realizzati con una tecnica miniaturista straordinaria che li fa apparire tridimensionali e con angoli lucenti di splendore metallico. La stessa adoperata per la veste in velluto, caratterizzata dai riccioli del tessuto realizzati “microscopicamente” a rilievo, tanto da conferire una sensazione tattile e scultorea alla superficie pittorica. Una qualità materica ottenuta dall’artista pur avendo realizzato il ritratto sulla base di un preciso disegno preparatorio. Considerazioni che fanno capire come Antonio del Pollaiolo o Antonio Benci (Firenze, 1431 circa – Roma, 4 febbraio 1498), grande disegnatore, pittore, scultore, miniaturista, si ispirasse a Jan Van Eyck (Belgio 1390 – 1441), maestro fiammingo, di cui fu un grande propugnatore in Italia. 

Una nuova attribuzione per la “Dama” al Museo Poldi Pezzoli di Milano

Piero del Pollaiolo  (Firenze, 1443 – Roma, 1496) è riconosciuto come l’autore della Dama degli Uffizi, 1475-1480, un’opera molto lontana dal dipinto del Poldi Pezzoli proprio per la mancanza della guida diretta del disegno. Motivo per cui la sua paternità dell’opera al Museo milanese è improponibile. Si vedrà ora come corroborare la paternità di Antonio del Pollaiolo sulla Dama del Poldi Pezzoli inserendola nel contesto storico e filosofico-letterario della sua realizzazione. 

Il contesto letterario per l’attribuzione ad Antonio del Pollaiolo dell’opera milanese

Dante fu la pietra miliare della cultura medievale e rinascimentale, con momenti di maggiore e minore enfasi celebrativa. Nel primo Quattrocento la critica letteraria si divise tra chi privilegiava in Dante la vita attiva, come Leonardo Bruni e chi ne esaltava la vita contemplativa, come Giannozzo Manetti.  All’inizio degli Anni Ottanta del Quattrocento l’umanista Cristoforo Landino (Firenze, 1424 – Borgo alla Collina 1498) scrisse il Comento sopra la Comedia (pubblicato nel 1481) operando la sintesi delle due vedute, contrapposte alla lettura neoplatonica della stessa. Landino stigmatizza l’idealizzazione della donna secondo la visione dantesca della Commedianon l’Angelo evanescente, “a miracol mostrare”, della Vita Novama l’essere superioreche, seppur sempre terreno, è in grado di sprigionare un amore terreno e divino. 
La fanciulla ritratta nel dipinto del Poldi Pezzoli non può, dunque, che essere Beatrice dipinta ad arte con i connotati di un vero ritratto. La sua bellezza è grazia derivante per la parte sensibile dalla concordia delle linee e dei colori, per la parte intellegibile dalle virtù. Antonio del Pollaiolo, realizzò il dipinto in concomitanza dell’uscita del Commento a Dante per l’appunto del 1481, con cui il letterato la elevò a musa dell’Accademia Platonica.

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Il legame tra Antonio del Pollaiolo e Cristoforo Landino

Il legame di Antonio del Pollaiolo con Cristoforo Landino era molto stretto; l’umanista scriveva per il pittore le epigrafi in latino da inserire nelle sue opere. Le Disputationes Camaldulenses scritte da Landino tra il 1472 e il 1474 – un saggio sul Sommo Bene immaginata nel Monastero di Camaldoli – furono per il Pollaiolo una sorta di breviario artistico. Landino fece dono del lussuoso manoscritto a Federico di Montefeltro e questi anni dopo vi fece inserire come piatto anteriore il suo ritratto e l’autoritratto di Antonio del Pollaiolo. Cristoforo Landino aveva il suo ufficio nel Palagio di Parte Guelfa e così Antonio del Pollaiolo realizzò in suo onore, sulla facciata del palazzo di San Michele fra le Torri, proprio di fronte al Palagio di Parte Guelfa, un San Cristoforo in affresco alto cinque metri (non più esistente). Opera che Michelangelo Buonarroti studiò alcuni mesi per l’impostazione spaziale del David.

Massimo Giontella


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Massimo Giontella

Massimo Giontella

Medico e fisiatra, studia Antonio del Pollaiolo da quindici anni insieme a Riccardo Fubini, ordinario emerito di Storia del Rinascimento presso l'Università di Firenze. È autore, insieme al professor Fubini, di nove pubblicazioni su Antonio del Pollaiolo uscite in riviste…

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