“Classici Sovversivi”. Il libro nato da un incontro a Pompei durante il Covid
Da una passeggiata nel sito archeologico deserto, in pieno lockdown, a un volume che propone di rileggere miti e tragedia come “ricetta” del quotidiano. È questo ciò che ci hanno raccontato in due autori, Massimo Osanna e Valeria Parrella in questa intervista

Un incontro nato durante il lockdown, a Pompei, in uno dei siti archeologici più suggestivi al mondo. È questo l’inizio di quello che è diventato un vero e proprio duetto letterario tra Massimo Osanna e Valeria Parrella. Il titolo – Classici sovversivi – è più che intrigante e anticipa già un contenuto diverso dalla letteratura antica tradizionale. Con l’occasione di questa nuova uscita, abbiamo incontrato i due autori per farci raccontare come è nato questo progetto che propone miti e tragedie come “ricetta” del nostro quotidiano.

“Classici sovversivi”: la genesi del libro
Come è nata l’idea di questo libro? E che “incontro” è stato il vostro?
Valeria Parrella: Io e Massimo ci siamo intrecciati tante volte e ci leggevamo già a vicenda, quindi questa cosa prima o poi doveva cristallizzarsi da qualche parte. Io notavo in lui una gioia profonda nel riconoscere nei reperti dei segni che ci parlano, ed è esattamente quello che accade a me quando scopro un verso da un tragediografo. Abbiamo unito questa gioia, e sperato di trasmetterla ai lettori.
Massimo Osanna: L’incontro è stato in un momento particolare: Valeria venne a Pompei quando ancora eravamo in lockdown. Una Pompei vuota, deserta quasi allucinata, forse ancora più simile a quella che doveva essere in antichità, e girandola e osservandola insieme si è creata una sintonia immediata, delle nostre visioni del mondo, del passato e del nostro rapporto col passato, e subito abbiamo iniziato a ragionare su questo libro.
E poi?
M. O.: Poi è arrivato l’invito della Rizzoli e questo ci ha stimolato in maniera fattiva. Da parte mia, mi sono ritrovato piacevolmente a lavorare, per una volta, in un contesto non scientifico, ma con una scrittrice. È stato molto interessante avere in mano materiale tanto delicato quanto potente, che fa riflettere sull’importanza della memoria che emerge letteralmente dalla terra, per tutto questo ho aderito con particolare entusiasmo.

Miti e tragedie oggi: come attualizzarli
Qual è la chiave scelta per attualizzare i miti e le tragedie greche?
V. P.: I miti non si attualizzano, sono sempre attuali perché attingono a un patrimonio ‘genetico” dell’essere umano. Gli scienziati direbbero che sono ‘specie specifici’. Noi dobbiamo solo riconoscere le loro manifestazioni contemporanee e quotidiane.
M. O.: I classici sono sovversivi perché sovvertono il tempo, ovvero la nostra volontà di scardinarlo, mettono in discussione il nostro confronto col passato. Oggi più che mai, questo atteggiamento è indispensabile per capire che non c’è mai una sola verità, che è sempre possibile dialogare con ciò che ci ha preceduto; il nostro è un invito a superare lo scollamento spazio- temporale, non per fuggire il presente, ma per farsi “illuminare” da miti e tragedie, e quindi comprendere meglio il quotidiano.
Quanto conta lo speciale rapporto che entrambi avete con il sito archeologico di Pompei?
V. P.: A Pompei io e Massimo ci innamoriamo letteralmente. Niente come questo sito ci specchia nel passato, ci rivela ciò che siamo stati, permettendoci di vivere appieno il presente. Questo profondissimo rapporto è amore.
M. O.: Ha un peso enorme, perché per entrambi è un pezzo di vita. La mamma di Valeria Parrella è stata una docente e ricercatrice in campo botanico, molto innovativa; io ci ho passato sette anni della mia vita, e lavorandoci sul campo, ho capito perché sia una delle aree archeologiche più iconiche e conosciute al mondo. Al tempo stesso ho compreso quanto sia una vera e propria “metafora” del nostro esser umani, della resilienza, dell’umanesimo; valori costanti nel tempo, “messaggi nella bottiglia” che dobbiamo solo volere e sapere ascoltare.
Quali sono i vostri rispettivi miti preferiti e per quale motivo?
V. P.: Il mio è la storia di Euridice e Orfeo, perché lo lego al passaggio più difficile: ammettere la morte, vivere in assenza. Quando ho capito perché Orfeo si volti per me è stato come crescere tutt’assieme.
M. O.: È veramente difficile scegliere, ma mi impressiona, da sempre, la forza del mito della Guerra di Troia, quasi un format, che con infinte varianti, viene utilizzato e rimodulato in diverse società, per riuscire a parlare di cosa davvero significhi una guerra, per una società. Un tema sempre attuale, tanto più in questo periodo…
Inoltre, questo mito sembra davvero riaffiorare in ogni sito archeologico, pensiamo alla stessa fondazione di Roma, rivissuta come derivazione della fuga di Enea, col padre e il figlio, da Troia. Nel libro l’abbiamo trattato in maniere diversa, io attraverso la selezione del bellissimo vaso esposto presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e proveniente da Nola (NA). La sequenza dipinta faceva parte della serie delle celebrazioni della città di Atene, poi selezionato e usato nel contesto campano di Nola a riprova dei contatti e delle influenze culturali dirette tra Grecia e nobiltà campana.
Annalisa Trasatti
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