Osservatorio curatori. Attilia Fattori Franchini
La mia formazione inizia a Milano, in Bocconi, nel corso di Economia per Arte Cultura e Comunicazione. Uno scambio in Argentina all’età di ventun anni mi ha cambiata, affinando anche sogni e obiettivi di vita. Appena laureata sono partita per Londra, una piccola valigia, pensando: “Miglioro l’inglese e poi vado a New York”. Non sono mai più riuscita a lasciare Londra. A parlare è Attilia Fattori Franchini, protagonista di questo nuovo Osservatorio curatori.
Laudamus veteres, sed nostri utemur annis
Ovidio
Come descrivere il mio percorso e la mia visione senza supportarlo con aneddoti personali, luoghi, immagini e web-link, strumenti spesso fondamentali nel mio lavoro? Da sempre sono attratta dal concetto di ibrido e di elementi non finiti, aperti alla discussione, contesti misti di produzione e distribuzione.
La mia formazione inizia a Milano, in Bocconi, nel corso di Economia per Arte Cultura e Comunicazione. Uno scambio in Argentina all’età di ventun anni mi ha cambiata, affinando anche sogni e obiettivi di vita. Appena laureata sono partita per Londra, una piccola valigia, pensando: “Miglioro l’inglese e poi vado a New York”. Non sono mai più riuscita a lasciare Londra.
Ho studiato un anno al Goldsmiths College e ho iniziato a curare progetti indipendenti. Un fortunato incontro con l’artista Rhys Coren e la mancanza di fondi per l’organizzazione di mostre mi ha portato a fondare bubblebyte.org e a lavorare con più di duecento artisti internazionali tra il 2011 e il 2013, contestualizzando il loro lavoro (e focalizzando il mio) su piattaforme online.
Il mio approccio, da sempre indipendente, proviene dalla tradizione DIY e si incentra sulla creazione di contesti alternativi per il supporto di pratiche emergenti ancora non consolidate dal successo di mercato.
Il contemporaneo in tutte le sue forme in continuo divenire mi ha sempre affascinato (forse di più che la comprensione del passato) e con esso la possibilità di interpretare la realtà che ci circonda. Nel mio lavoro la parte professionale e quella personale si incontrano, spesso accavallandosi. Approccio la curatela come percorso di vita in tutte le sue forme, e ritengo ogni passaggio dall’incontro con l’opera dell’artista alla sua presentazione e distribuzione, generativo di dinamiche interessanti, ogni volta differenti. Ogni progetto si sviluppa in maniera autonoma, posizionandosi come crescita ed esperimento. Lavorando con artisti in formazione e contesti in continua evoluzione, online e offline, pubblici e commerciali, ho avuto modo di approfondire le dinamiche del “sistema dell’arte contemporanea”, un sistema complesso, in costante evoluzione.
Credo nella commistione di generi e nella rivoluzione digitale, la quale ha creato scenari nuovi, con possibilità di scambio e sperimentazione artistica prima inimmaginabili.
Dal 2013 a oggi il mio lavoro è evoluto attraverso tante mostre e progetti indipendenti in spazi commerciali e non profit. Tra le più importanti: la stretta collaborazione con la galleria Paradise Row, per la quale ho fondato The Basement (2012-2013), un programma alternativo dedicato ad artisti ancora non rappresentati in Gran Bretagna; quella con Seventeen Gallery, nella quale oggi lavoro come direttore associato; la nascita di Opening Times, fondazione per il supporto e ricerca dell’arte digitale supportata da fondi culturali inglesi; e altri numerosi progetti in internazionali. Al momento sto lavorando a Helsinki presso l’Università d’Arte Kuvat, partecipando come guest curator alla presentazione di fine anno degli studenti dell’MFA – Master in Fine Arts.
Non ritengo ci sia una formula unica per essere curatori, un termine che peraltro è spesso iper-utlizzato. In tante occasioni il curatore è un consigliere o facilitatore, qualcuno capace di supportare l’artista durante fasi differenti dalla mera creazione dell’opera e di guidarlo nella navigazione del cosiddetto sistema; altre volte il curatore è un narratore o un iniziatore di processo. Dipende tanto da elementi quali energia e proattività, dalla voglia di cambiare le norme e creare le circostanze adeguate. Io ho adattato la mia visione alla mia personalità, spesso cercando approcci meno canonici, scoprendo attraverso ogni progetto nuove frontiere da attraversare.
a cura di Marco Enrico Giacomelli
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #24
Abbonati ad Artribune Magazine
Acquista la tua inserzione sul prossimo Artribune
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati