Il gallerista Giacomo Guidi ci prova ancora. Nasce Contemporary Cluster all’Aventino
Aperture, chiusure, riaperture… Un balletto durato a lungo, quello delle gallerie di Giacomo Guidi. Con tante polemiche, debiti, discussioni con gli artisti. E progetti sempre originali. In autunno la nuova avventura, sull’Aventino. Qui ci siamo fatti spiegare tutto.
Giacomo Guidi riapre una galleria? Ma sul serio? In tal caso prima di concentrarci sui contenuti del nuovo progetto dobbiamo smarcare un po’ il passato. Cosa è successo? Dove eravamo rimasti? Lo spazio in centro, poi lo spazio al Gianicolo, infine lo spazio a corso Vittorio. Sempre in crescendo. Poi a Trastevere l’apertura e l’implosione…
Nell’attività di imprenditore a 360 gradi ci sono momenti buoni e meno buoni. Nei miei dieci anni di attività ho sempre investito tutto ciò che guadagnavo per elevare il livello della stessa, investendo nella struttura, nella capacità e nel progetto. Non mi sono mai risparmiato nella progettazione e nella realizzazione di mostre, fiere e progetti. Di questo parlano i fatti, a cominciare dai trentacinque libri editi, dalle venti mostre museali e dall’attività della galleria.
Ho cambiato molte sedi, sulla base della qualità del lavoro che aumentava e che io volevo sempre nutrire e ampliare. Ho sempre creduto in quello che facevo. E continuerò a farlo.
Queste vicissitudini ti hanno portato a accumulare debiti con tanta gente. Come li stai gestendo?
Tutto ciò che è relativo alla Giacomo Guidi Arte Contemporanea è in mano a professionisti del settore che stanno svolgendo il compito di gestione della debitoria – che come me hanno tutte le imprese in Italia.
Dove hai trovato i soldi per la nuova iniziativa?
Il nuovo progetto di cui sono direttore artistico è finanziato da investitori di vari settori, che credono nella vera contemporaneità e nella forza attrattiva che questa città può avere, soprattutto per l’estero.
C’è ancora gente che non ha perso la fiducia in te?
La fiducia è nell’idea e nella capacità. Fare l’imprenditore può regalare momenti positivi e momenti negativi. È normale in tempi come questi avere flessioni e problemi più o meno pesanti, sempre collegati alle capacita generali di un’economia. Potrei chiedere a te dove sono gli altri e cosa fanno!?
Passiamo ora al nuovo progetto. Si chiama Cluster: perché?
Il nuovo progetto si chiama Contemporary Cluster. Il cluster è una fenomenologia presente in chimica, biologia, fisica, informatica, astronomia, statistica, economia, psicologia, musica, oltre a essere il nome di un tipo di… bomba! Il cluster prende forma quando elementi apparentemente lontani o diversi trovano nuova energia-estetica-forza-armonia. Dalla loro prossimità si rigenerano in qualcosa di nuovo, ma non di diverso.
Hai trovato uno spazio. In che quartiere della città si trova? Quanto è grande? Come è disposto?
Contemporary Cluster andrà in scena all’Aventino, in un grande spazio di carattere industriale che avrà la capacita necessaria a organizzare un progetto così importante.
Già da tempo, anche con la tua ultima galleria e con l’adiacente progetto BOA, stai cercando di superare il concetto di galleria d’arte tradizionale. Qui in che modo lo fai?
Boa fu l’inizio di un processo di contaminazione di cui Cluster è invece un vettore. Penso e vedo la contemporaneità come un’unica fenomenologia, in cui i settori perdono la desinenza territoriale dogmatica per sfociare in una fase progettuale estetica e produttiva totale – come da sempre insegna l’avanguardia, pensiamo a De Stjil, Bauhaus, Futurismo… Cluster sarà un luogo attivo simultaneamente sui settori dell’arte visiva, della fotografia, del video, ma anche gioielli-metalli-design-fashion design-musica-veicoli (moto e macchine). Avremo anche un negozio di vinile raro, un bookshop curato da Colli Independent e uno spazio lounge. Ogni settore avrà un suo showroom per l’esposizione settoriale, mentre nei progetti tutto sarà esposto e fluido a seconda dell’ideazione.
Non penso che il concetto di galleria fine a se stessa abbia senso: vedo molti tentativi di confluenze o di meticciato, ma sembrano cose buttate lì senza sapere il perché e senza una visione a lungo termine. Anche per questo Contemporary Cluster non sarà una galleria, se per galleria intendiamo un luogo dove si attaccano quadri al muro, cambiandoli ogni novanta giorni.
C’è qualcosa di vicino al concetto rinascimentale di bottega e di opificio? Tutti lavorano insieme, tutti si fertilizzano a vicenda.
Penso più a una concezione priva di dettami, uno spazio che declina l’artisticità su vari settori produttivi tramite l’ausilio di maestranze e professionisti di vari settore, creando progetti e prodotti di altissimo livello e qualità. Per me è fondamentale determinare una desinenza artistica ed estetica che trovi dall’artisticità primaria una linea che si esprimerà nelle varie forme.
Ad ogni modo si parte sempre dall’arte visiva, giusto? Si sceglie l’artista e poi a cascata si diffonde sugli altri settori e in qualche modo lo si facilita a confrontarsi con tutti gli ambiti?
Esatto. Scelgo un artista la cui opera “canonica” sarà parte del progetto, mentre l’altro versante del progetto espositivo convergerà nell’esposizione di tutto ciò che è stato prodotto e realizzato dal rapporto “be to be” fra l’artista e i “capi settore”. Gli artisti, direttamente o tramite altre collaborazioni settoriali, progetteranno, realizzeranno ed esporranno insieme a queste eccellenze.
Ci fai un esempio concreto: dalla selezione dell’artista all’ultima produzione. I settori avranno dei responsabili. Chi sono? Come li hai selezionati? Esistono anche altri partner di tipo industriale?
Io mi occuperò di selezionare “l’artista visivo” idoneo a questo processo di clusterizzazione. Dopodiché l’artista verrà messo in contatto coi professionisti dei vari settori, che sono
Lumen et Umbra – Susanna Ferrante e Yssei Fugita per il fashion design, Carlo Berarducci per architettura e design, Paolo Mangano per metalli e gioiello, Altar Boy – Sergio Picciaredda e Attilio Tucci per la musica elettronica, Ottodrom di Paolo Pinchetti per l’elaborazione di veicoli.
Inoltre cluster si avvale di partner industriali come Fornace Falcone nella persona di Valerio Falcone per la ceramica e la porcellana, il cantiere nautico Delta di Andrea Rinaldi per la lavorazione della fibra di carbonio e fibra di vetro, l’Autocentro Parioli per lavorazione e la colorazione dei metalli ad alte temperature.
Come sta in piedi economicamente questo modello senza affossarti ulteriormente? Che business plan ha questa storia?
Contemporary Cluster avrà una dozzina di settori di mercato in cui potremo incanalare le nostre produzioni: opere d’arte, gioielli, moto, dischi, moda, design, nautica, ceramica e tutto quello che progetti di sintesi potranno produrre dalla vicinanza di questi settori produttivi, oltre a una vita quotidiana di circa 14 ore al giorno.
Quale è il cliente-tipo di questa offerta? Come lo immagini? Cosa farà? Cosa comprerà? Ma soprattutto come vi troverà?
Entrando a Cluster troverai progetti espositivi complessi e multipli, dove tutto è figlio della molteplicità progettuale. Potrai comprare un disco in serie limitata fatto da un artista visivo e un fashion designer, o una ceramica pezzo unico, o una moto con un serbatoio realizzato da un artista. Ma anche un poster, un quadro, una maglietta serie limitata… La qualità di ogni progetto e oggetto sarà la peculiarità di Cluster. La contemporaneità ha sola una lingua, ma bisogna conoscere i suoi accenti per padroneggiarla!
Roma è una città imbruttita che sempre di più volta le spalle alla qualità. Le cose fatte bene sono “eccezioni” o “eccellenze”, mai “normalità”. Perché hai deciso di puntare ancora su questa città?
Non punto sulla città, punto sui giovani che vogliono capire e conoscere ciò in cui vivono, ovvero il contemporaneo. Ma soprattutto punto sulla forza attrattiva che questa città può avere per l’estero, se individuiamo dei motivi per venire a Roma che vadano oltre il Colosseo e San Pietro.
Come vedi Cluster tra due anni, una volta uscito dalla fase di rodaggio?
Cluster sarà sempre avanti. Mi auguro che verrà accolto e ricercato da tutta la contemporaneità per il suo stesso spirito di contemporaneità.
Massimiliano Tonelli
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