Tino Sehgal e l’arte dell’incontro. A Parigi
Palais de Tokyo, Parigi – fino al 18 dicembre 2016. Dopo Philippe Parreno, ora tocca a Sehgal dare forma alla serie di “carte blanche”. Progettando incontri e interazioni che compongono l’esperienza vissuta da ciascun visitatore.
INCONTRI E SITUAZIONI
Quante volte un incontro, uno scambio di sguardi, un sorriso o un’emozione riescono a cambiare una giornata, a provocare profondi sentimenti e alcune volte a sconvolgere un’intera esistenza? E tutto questo senza che resti nessuna testimonianza fisica di quello che è successo, senza che ci siano video, fotografie o scritti a testimoniare il momento, la magia dell’istante e di quello che esso porta con sé, ma solo la memoria e la consapevolezza che è stato e che lo si è vissuto.
Questo è il punto di partenza della mostra di Tino Sehgal, artista anglo-tedesco classe 1976 che ha fatto dell’effimero uno dei caratteri principali del proprio lavoro, costituito dall’uso del linguaggio, del movimento e delle interazioni fra individui, e soprattutto dalla creazione di situazioni costruite, che permettono di sperimentare e riprodurre l’essenza socio-umana del mondo che ci circonda.
La mostra organizzata da Sehgal ha coinvolto diversi altri artisti, che hanno partecipato alla creazione di una dimensione esperienziale capace di far perdere al visitatore qualsiasi percezione del tempo.
Lo scintillante sipario di Felix Gonzalez-Torres introduce nella dimensione altra che la mostra vuole creare e, subito dopo averlo oltrepassato, dei ragazzi pongono allo spettatore la domanda “Qual è l’enigma?”, senza consentirgli di proseguire fino a che il pubblico si riesce a dare una risposta al quesito. Successivamente si è accolti da un bambino, il quale, dopo essersi presentato, accompagna il visitatore attraverso la prima stanza, chiedendo “Che cos’è per te il progresso?” e proseguendo in un confronto idealistico ed esistenziale. Arrivati in fondo alla prima sala, un adolescente raccoglie il testimone del bambino, assumendo un punto di vista più concreto rispetto al progresso, all’ambiente e alla politica. In seguito si viene affidati a una persona di mezza età, che affronta in maniera più personale i visitatori con domande come “Qual è il tuo desiderio più ardente?”, portando la riflessione su un piano maggiormente emotivo. Infine, un anziano conclude la guida negli spazi del Palais de Tokyo, interamente dipinti di bianco, raccontando la propria esperienza di vita e ciò che il mondo è riuscito a lasciargli.
Si prende parte a un vero e proprio viaggio al termine dell’umanità, per parafrasare il titolo di un celebre romanzo di Céline, dove si riescono a cogliere le sfumature del percorso umano, dove i sogni, i rapporti, le paure e le emozioni costituiscono il sale della terra. Dopo questo percorso, se ne apre un altro, durante il quale oltre cinquanta comparse si muovono, cantano, si siedono, corrono, fermano i visitatori e parlano.
IL POTERE DELLA CARTA BIANCA
Qui si può poi assistere alla nuova performance organizzata da Sehgal e basata su Ann Lee, ragazzina dei manga giapponesi già ripresa da Philippe Parreno e Pierre Huyghe nella loro No ghost just a shell (1999-2002), che, interpretata da una bambina, interagisce con un coetaneo di nome Marcel e con il pubblico rivolgendo loro domande e frasi sibilline – “Preferiresti essere troppo occupato o non occupato abbastanza?”. Successivamente ci si imbatte anche nell’installazione di Pierre Huyghe (Living/cancer/variation), dove il buio, il freddo e l’umidità, accompagnati dal fuoriuscire dell’acqua da piloni di cemento, suscitano emozioni contrastanti rispetto alla strada fin lì intrapresa. In seguito Daniel Buren, con il suo Quatre fois moins ou Quatre fois plus (quattro volte meno o quattro volte più?), e James Coleman, con il suo film Box (1977), caratterizzato da un montaggio violento di sequenze di un incontro di box del 1927, portano avanti il percorso ideale pensato in questa carte blanche, dove dice la sua con un’installazione anche Philippe Parreno.
LA VITA SECONDO SEHGAL
L’esperienza promossa dal Palais de Tokyo è suggestiva e coinvolgente, colpisce e rimane viva nella memoria del pubblico, reso partecipe e messo alla prova con storie e incontri che non possono lasciare indifferenti. La bellezza di una mostra come questa è il fatto di basare la sua riuscita e il suo successo sullo stesso motore e sugli stessi principi che muovono i rapporti e le relazioni umane, generando risultati straordinari e anche fallimentari.
D’altro canto per chi già conosce il lavoro di Sehgal, candidato al premio Turner e migliore artista della biennale di Venezia del 2013, questa enorme mostra non riesce ad aggiungere niente di fresco e innovativo al suo percorso artistico, riproducendo semplicemente su larga scala un credo che differisce leggermente, ma non colpisce rispetto alla mostra portata a Milano nel 2008 o alla personale tenuta al Guggenheim nel 2010.
In conclusione è pero innegabile che, nonostante i limiti della mostra, Tino Sehgal sia riuscito ancora una volta nell’effetto terribilmente inseguito senza esito da tanti artisti: esprimere l’estrema bellezza della vita, che, nonostante la sua fragilità e precarietà e il suo lento scivolare da un istante a un altro per poi perdersi nell’oblio, riesce a emozionare nella semplicità delle piccole grandi cose che ha da offrire, come un incontro.
Il regista Jean-Luc Godard in uno dei suoi film più celebri diceva che il compito dell’artista è diventare immortale, per poi morire. L’arte di Sehgal, effimera e potente come ogni interazione, ci riesce.
Tommaso Santambrogio
Parigi // fino al 18 dicembre 2016
Carte blanche à Tino Sehgal
PALAIS DE TOKYO
13, avenue du Président Wilson
www.palaisdetokyo.com
L’assenza di immagini relative alla performance di Tino Sehgal è dovuta all’esplicita richiesta dell’artista.
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