Insegnare l’arte. La NABA in mostra in Triennale
Trenta artisti provenienti dalla NABA di Milano, selezionati dagli anni accademici più recenti, allestiscono alla Triennale la mostra curata da Marco Scotini. Tra pittura, scultura, disegno, performance, fotografia e videoarte. Per celebrare il decimo anniversario del Biennio Specialistico in Arti Visive e Studi Curatoriali.
La mostra prende avvio da un monito – che ribalta l’assunto espresso da Godard in La cinese –, da una grande scritta al neon che riporta: “Si deve mettere a confronto idee vaghe con immagini chiare”. Poco lontano, nella stessa sala, sono stati disposti materiali e media appartenenti a pianeti apolidi, gli uni con gli altri. Assemblaggi naturali e artificiali di oggetti ricreano indizi che pongono lo spettatore sulle orme di tracce narrative, di un futuro riletto dal passato, così come lasciano intendere gli interventi organici di Andrea Bocca ed Edoardo Manzoni.
The Great Learning, infatti, non è pensata solo come una mostra celebrativa, ma come strumento pedagogico in grado di interagire con i diversi ambiti della vita produttiva e sociale, rispecchiando l’approccio formativo che da sempre caratterizza il Dipartimento di Arti Visive della NABA di Milano.
UNA TRILOGIA
The Great Learning rappresenta il terzo passaggio di una trilogia espositiva, ideata nel corso di sette anni come una ricerca di lungo corso sull’apprendimento. Il primo capitolo ha inaugurato nel 2010, con Learning Machine. Art Education and Alternative Production of Knowledge; la seconda mostra, del 2015, ha visto svilupparsi il tema Theatre of Learning, come riflessione sull’educazione artistica, sui processi di conoscenza che tentano di interrogare la produzione intellettuale contemporanea e sulle pratiche che l’accompagnano.
In mostra, i lavori degli studenti NABA non sono stati concepiti solo a partire dal luogo della formazione, ma anche dallo spazio stesso in cui questa viene messa in discussione.
RIFLESSI E CODICI
Le opere, negli ambienti della Triennale, riproducono, come un riflesso materico, essenza e obsolescenza conniventi della realtà urbana, a testimonianza di una perdita di sentire da parte di un uomo spinto sempre oltre il presente (Moonwalk di Marco Ceroni, oppure lo xilofono industriale di Martina Brembati). Inoltre, sculture indossabili, performance e interventi di assidua misurazione dello spazio, attraverso il corpo e i perimetri delle pareti, segnalano un interesse per la trasformazione dei dati, dei codici, per resistere in mezzo a un grande vuoto (le mappe di Luca Staccioli oppure le Quote di Stefano Serretta).
Ginevra Bria
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