Critica viva (V). Disuguaglianza ed educazione
Quali strumenti possono venire in soccorso per modificare uno status quo sempre più largamente accettato? Educazione e formazione rappresentano un efficace antidoto alla disuguaglianza, elemento cardine di una società classista.
Gradualmente, mi sono accorto che gli altri, o almeno la maggior parte degli altri, non vedeva e non vede le cose necessariamente come io le vedo – la società, la realtà storica, la sua struttura, il presente, i rapporti di forza all’interno del mondo dell’arte e della cultura – o, se anche “vedono” queste condizioni, il ragionamento anche non del tutto conscio corrisponde a qualcosa del genere: “OK, ma io che posso farci in fondo? Questa è la situazione che si è creata nel tempo, negli ultimi decenni; non spetta certo a me cambiarla”.
Perciò, il lavoro da fare è quello di comprendere e di spiegare in modo approfondito e preciso i termini della questione – il fatto che, per esempio, due verità non possono coesistere nello stesso pensiero; che a un pensiero deve conseguire un’azione coerente con esso, e non una in palese contrasto con esso; e, infine, che nessun cambiamento viene prodotto, o può mai essere prodotto, dall’accettazione delle condizioni date.
L’analisi e l’indagine di queste “condizioni”, del contesto di riferimento, della cornice e delle sue implicazioni (che coinvolgono: arte e cultura; il loro impatto sulla società; la dimensione politica, economica e immaginaria; ecc.) deve così andare di pari passo con la riflessione critica sulle “soluzioni” (che non vuol dire affatto ricette) utili a una trasformazione attiva dell’esistente.
Soluzioni, anche queste, da prospettare su due piani (che ovviamente si influenzano a vicenda):
– opere e produzioni (idee, progetti, ricerche, esperimenti);
– ricezione: “sistema”, contesto, comunità che accoglie le produzioni e contribuisce alla loro elaborazione.
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Classismo. Come agisce per esempio il classismo nel mondo dell’arte, della cultura, delle professioni creative in Italia e in Occidente?
Sin dall’inizio (: vale a dire, dal periodo formativo), il sistema classico e canonico è quello del riconoscimento.
Intanto, le numerose scuole e accademie artistiche “di prestigio”, costituite e implementate negli ultimi anni anche nel nostro Paese, sono un principio di selezione: garantiscono cioè l’educazione all’interno di un rigido sistema normativo e convenzionale, che si identifica in toto con le “regole” del sistema dell’arte contemporanea, e persino con i “comportamenti”, le “posture sociali”, le attitudini di gusto ammessi e prescritti al suo interno. (Ammessi e prescritti da chi?).
“Riconoscimento” ha un senso molto banale e letterale: ti riconosco cioè come individuo di una determinata classe – la classe dominante. È questo il “passaporto”, il permesso di soggiorno per così dire. Chiaramente, come sempre avviene, questo meccanismo prevede al suo interno l’eccezione: che rimane però appunto eccezione, errore, dimenticanza (“a glitch in the Matrix”), e non potrebbe essere altrimenti del resto.
Il sistema si basa infatti su un assunto di ferro: i membri della classe dominante sono quelli che più degli altri validano e assicurano la continuità delle condizioni date, per il semplice motivo che non hanno alcun interesse a cambiare l’assetto fondamentale, lo status quo, tanto meno la cornice di riferimento. Tutto gli sta bene così com’è. Al massimo, i più volenterosi e “intraprendenti” potranno “riprogettare”, “ridisegnare” (come usa dire oggi) la forma della realtà artistica che hanno trovato – questo è tutto. Piccolissimi cambiamenti di superficie, maquillage, manutenzione, al massimo restyling.
Chi avrebbe davvero interesse a mutare lo status quo, a operare un reale radicale fondamentale cambiamento, nella stragrande maggioranza dei casi è escluso in partenza da questa possibilità. Tagliato fuori. Spessissimo, anzi, non ha neanche gli strumenti adeguati per immaginare un simile cambiamento – strumenti che gli sono stati sottratti, oppure neanche mai offerti, da un’educazione carente e scadente.
Se, quindi, una società minimamente funzionale e equilibrata si basa sull’uguaglianza delle opportunità e delle condizioni di partenza (: opportunità e condizioni che sono principalmente, se non unicamente, educative e formative), la presente società – totalmente disfunzionale – nel campo artistico e culturale come in ogni altro campo stabilisce impunemente la disuguaglianza come dato strutturale di partenza.
È per questo che ogni riflessione e ogni pratica seria orientata alla riqualificazione, rigenerazione, riabilitazione culturale non solo parte dalla struttura e dal funzionamento dell’educazione, ma coincide totalmente con l’educazione. Ogni altra prospettiva è velleitaria, fallimentare, insomma non interessata a null’altro se non alla conservazione dell’esistente.
E, con ogni probabilità, classista.
Christian Caliandro
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