Il presente a Palazzo Strozzi. Intervista ad Arturo Galansino
A sale chiuse, dopo lo straordinario successo del controverso Ai Weiwei e prima dell’apertura della mostra intitolata a Bill Viola, abbiamo posto qualche domanda ad Arturo Galansino, direttore di Palazzo Strozzi. Ovvero colui che si è impegnato a portare la grande arte contemporanea mondiale nella città rinascimentale per eccellenza.
È il direttore di Palazzo Strozzi da due anni, e ormai è chiaro che Arturo Galansino ha scelto di dare una svolta importante alla programmazione della prestigiosa location fiorentina – dopo averne ereditato l’ottima gestione da James Bradburne –, puntando tutto sull’arte contemporanea. Grandi retrospettive che fanno conoscere e scoprire le più significative produzioni degli ultimi decenni, nomi conosciuti da tutti, che innescano riflessioni e dibattiti. E se Ai Weiwei ha scosso le coscienze con provocazioni di certo non sottili, Bill Viola offrirà l’opportunità di leggere i suoi video non solo come opere d’arte, ma anche come espressioni di alta spiritualità. Insomma, grazie a Palazzo Strozzi – e non solo, visto l’indubbio ribollire creativo della Toscana sull’arte di oggi – a Firenze la strada del contemporaneo è ormai aperta.
Libero di Ai Weiwei, è stata disallestita da poche settimane: siete soddisfatti dei risultati?
Possiamo dirci molto soddisfatti. Si trattava della prima grande mostra d’arte contemporanea per Palazzo Strozzi e abbiamo ottenuto, in una città ancora poco avvezza a eventi di questo genere, un enorme successo, tanto di pubblico – 150.000 visitatori paganti – quanto di critica. La mostra ha fatto molto parlare di sé ed è riuscita a suscitare un vero dibattito intorno a temi importanti.
A metà gennaio Palazzo Strozzi è stato al centro di una protesta a seguito del rogo di Sesto Fiorentino: forse è la prima volta che un gruppo di migranti occupa la sede di una mostra di arte contemporanea. Qual è stata la reazione di Ai Weiwei?
Ciò che è accaduto a Palazzo Strozzi è un fatto significativo, senza precedenti, e ci deve far riflettere sul nostro ruolo di istituzione culturale e sul potere di comunicazione dell’arte contemporanea. Ai Weiwei è rimasto sinceramente colpito da questa pacifica “invasione” e ha rilasciato una dichiarazione che ha avuto una forte eco nei media.
Il fatto di cronaca ha avuto effetto sulle polemiche relative all’installazione di Reframe e sulle feroci critiche di Jake Chapman?
Credo che la scelta da parte dei migranti di utilizzare Palazzo Strozzi – e non un luogo tradizionale, simbolo del potere politico o economico – come megafono per far sentire la propria voce sia, in se stessa, una risposta a molte polemiche sorte intorno alla mostra di Palazzo Strozzi.
Tra poche settimane Palazzo Strozzi celebrerà il Rinascimento elettronico di Bill Viola: avete scelto un altro artista straordinario, conosciutissimo…
La scelta nasce dalla volontà di portare a Firenze grandi mostre di livello internazionale dedicate ai più grandi nomi dell’arte contemporanea. Bill Viola è un artista molto diverso da Ai Weiwei, con un linguaggio quasi antitetico, e proprio attraverso questa diversità vogliamo fornire al nostro pubblico uno sguardo più ampio possibile sulla cultura del presente.
Il videoartista ha inoltre legami di vecchia data con Firenze, vero?
Sì, Bill Viola è molto legato alla nostra città da oltre quarant’anni. A Firenze ha cominciato la sua carriera internazionale, quando lavorava al centro di produzione art/tapes/22, e ha in seguito creato le sue opere più importanti proprio ispirandosi alla tradizione artistica fiorentina. Firenze e Bill sono legati da una lunga storia d’amore e quindi è significativo ospitare qui questa grande retrospettiva. La mostra, inoltre, offrirà allo spettatore la possibilità unica di assistere a un inedito dialogo diretto, “filologico”, tra le grandi video-installazioni di Bill Viola e i capolavori rinascimentali che li hanno ispirati, da Paolo Uccello a Masolino a Pontormo.
Anche in questo caso, come è avvenuto con Ai Weiwei, l’artista è stato coinvolto nell’allestimento?
La nostra modalità di lavoro passa sempre attraverso il coinvolgimento diretto dell’artista nelle scelte espositive. Sono quasi due anni che lavoriamo a stretto contatto con Bill Viola e con il suo studio, diretto dalla moglie Kira Perov, a questa imponente mostra. Anche stavolta l’artista invaderà i due piani espositivi del palazzo, Piano Nobile e Strozzina.
È significativa la decisione di esporre alcune opere in luoghi di culto fortemente simbolici del passato di Firenze. Le istituzioni religiose hanno accolto con favore la proposta?
Bill Viola ha già esposto le sue opere in luoghi legati al culto, dalla Cattedrale di Durham alla chiesa di San Gallo a Venezia, e ha due installazioni permanenti nella Cattedrale di Saint Paul a Londra. I lavori di Bill Viola al Museo dell’Opera del Duomo, in dialogo diretto con i capolavori di Donatello e Michelangelo, sono una continuazione del nostro percorso espositivo che si espande a livello cittadino anche a Santa Maria Novella e agli Uffizi.
Quante saranno le videoinstallazioni dislocate lungo il percorso espositivo? Sarà presentata una nuova opera?
L’artista ha appena terminato, dopo lunga gestazione, le sue installazioni per Saint Paul e una di queste sarà presente in mostra. Vista la specificità del lavoro di Viola, e la grandiosità quasi “hollywoodiana” delle sue produzioni, non si potevano avere nuove opere. Si tratta quindi a tutti gli effetti di un’esposizione storica, una monografia completa – con ventisette opere, la più grande mai realizzata – che ripercorre la carriera dell’artista dagli Anni Settanta a oggi, con un occhio di riguardo al ruolo giocato da Firenze in questo percorso.
Jeff Koons, Jan Fabre, Ai Weiwei e ora Bill Viola: l’apertura al contemporaneo di Firenze convince sempre di più. Come sta cambiando la città?
Nonostante immancabili polemiche e ironie, tipiche del costume locale, credo che la nostra città si stia davvero aprendo, con iniziative di vario genere, al contemporaneo. Oltre a essere un fenomeno interessante a livello culturale, quest’apertura alla modernità, se operata seguendo alti parametri qualitativi, può rappresentare un elemento importante nel futuro di Firenze.
Marta Santacatterina
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