Marcello Fois (e il Museo Pascali) ricorda Cristiano De Gaetano

Sabato 25 febbraio, al Museo Pascali di Polignano a Mare, inaugura l’antologica dedicata Cristiano De Gaetano, artista scomparso nel 2013 a soli 37 anni. La mostra si snoda tra le sale del museo come un racconto vivo, che spazia da alcuni lavori degli esordi alle opere più note in cera pongo dipinta su sagome di legno, fino alle più intime e meno conosciute ceramiche degli ultimi anni. Anticipiamo qui il testo scritto da Marcello Fois per il catalogo della mostra.

I – IL VISO DI CRISTIANO

Cristiano De Gaetano era un seduttore. Molti artisti sono seducenti, molti lo diventano. Ma Cristiano De Gaetano era un essere geneticamente empatico. Era un piccoletto micidiale Cristiano De Gaetano con lo sguardo potente degli uccelli rapaci. Aveva un viso bellissimo, selvatico, senza moine, asciutto, diretto, impudico. Ci incontrammo di persona quando venne a casa da me a firmare un suo grande quadro che avevo comprato qualche mese prima. Il soggetto di quel quadro, fra i miei preferiti, era un grande, flottante iceberg. Appartiene alla serie Ice Age ed è pongo su tavola. Fatto con spatola e dita. Sicché ci dicemmo, ridendo, che era quasi inutile firmarlo considerando che in quell’opera di un metro per due comparivano migliaia di incontestabili impronte digitali dell’autore. Comunque il mio iceberg lo firmò.

II – IN QUALE TEMPO?

Cristiano De Gaetano non era del tempo attuale. Era, è, un artista, fuori da qualunque connotazione di artista. Era cioè uno che viveva la sua vocazione nello specifico, poteva permettersi di esercitare l’arte ai massimi livelli, aveva i numeri e la tecnica per farlo, ma non aveva nessuna intenzione di “fare” l’artista. Siamo circondati da un numero strepitoso di individui che dicono di “fare” gli artisti, e ignorano che nell’arte conta guardare avanti voltandosi indietro. Un esercizio paradossale che Cristiano De Gaetano sapeva fare magnificamente a partire da sé, dal suo specifico, direi dal suo album di famiglia. Il suo narcisismo consisteva nell’apparente noncuranza con cui esprimeva il suo talento, che era enorme, ma non gratuito.

Cristiano De Gaetano, Morgan Le Fay III, 2008, acrilico su tela. Collezione privata. Photo Filippo Armellin

Cristiano De Gaetano, Morgan Le Fay III, 2008, acrilico su tela. Collezione privata. Photo Filippo Armellin

III – UN ANNO DOPO

Così, un anno dopo il grande Iceberg, mi imbattei in un altro De Gaetano che si intitolava Collapse e poi ancora in un pezzo che mimava la nave sui ghiacci di Friedrich. E mi fu chiaro quanto questo seduttore impunito appartenesse alla categoria di quegli artisti appartati e feroci. Esiste una sua foto fra i Lari di famiglia, enormi sagome mezzo busto di maschi Anni Settanta baffuti e femmine Anni Settanta cotonate, lui appare piccolissimo, gentile e infantile, vestito con abiti di qualche misura più grande, come in balia del mondo, ma sicuro del suo sguardo. Sapeva davvero tante cose Cristiano De Gaetano, ma alcune di queste cose non erano rappresentabili.

IV – CHISSÀ

Chissà, per esempio se sapeva, o sentiva, che sarebbe morto tanto giovane. Questa è una domanda che nell’arte ha senso più di qualunque altra, perché l’arte è una gara a permanere, cioè a non morire. Quando guardo l’autoritratto che Cristiano De Gaetano ha fatto di sé, con la sua compagna e i suoi figli, – i soggetti sembrerebbero pop, ma sono impressionisti – non riesco a non commuovermi per la contraddizione che esiste tra la solennità, la classicità, della posa e la disinvoltura policromatica, la contemporaneità, delle fogge. Come quei pittori antichi che vestivano soggetti biblici con la moda del loro tempo.

Cristiano De Gaetano, Ice Age, 2007, cera pongo su strati di legno. Courtesy The Flat-Massimo Carasi, Milano. Photo Filippo Armellin

Cristiano De Gaetano, Ice Age, 2007, cera pongo su strati di legno. Courtesy The Flat-Massimo Carasi, Milano. Photo Filippo Armellin

V – IL PESO DI CRISTIANO

Consiste in questo perdurare, a mio parere, il peso specifico di Cristiano De Gaetano, che è uomo dei nostri tempi ma artista di tutti i tempi. Le sue opere non sono invecchiate, mantengono una fibra sconcertante. Sotto molti aspetti – la tenuta stilistica, il valore cromatico, l’impegno tecnico, la componente artigianale – sono addirittura migliorate. Era un meraviglioso “cialtrone” che sapeva fare il suo mestiere. Un poeta senza che si atteggiasse da poeta: è vivo, è qui. Questo è lui.

Marcello Fois

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