Museo Pecci di Prato: tutti i numeri dei primi 4 mesi dalla riapertura
Si avverte un senso di ampia soddisfazione, leggendo il report divulgato dal Pecci a pochi giorni dalla chiusura della prima mostra. Uno spazio tutto nuovo, che tenta il grande rilancio dopo l’ampliamento architettonico e il lavoro svolto dal direttore in carica…
Tempo di numeri e bilanci per il Pecci di Prato. Prorogato fino a dicembre 2017 il contratto del Direttore, Fabio Cavallucci, colui che – nominato nel 2014 – ha traghettato il Museo verso la sua nuova fase, gestendo il complesso processo di ampliamento, insieme alla ridefinizione del profilo culturale e al rilancio dell’istituzione. E a cinque mesi dall’opening – con la grande mostra La fine del mondo, che chiuderà i battenti il 14 marzo – si tirano le somme.
Il conteggio degli ingressi tra il 14 ottobre 2016 e il 16 febbraio 2017 segna quota 50.009, con 15.000 visitatori arrivati per le tre giornate del Grand Opening. E scavando tra le cifre: in 29.119 hanno visitato la mostra, 2.429 hanno seguito gli eventi interdisciplinari, 1.477 gli spettatori del cinema e 1.984 gli “studenti” della Pecci School.
Numeri importanti per uno spazio museale non tradizionale, che per di più si trova in un piccolo centro urbano, fuori dalle rotte tradizionali del contemporaneo. E volendo compulsare archivi e vecchi conteggi, il confronto con le precedenti gestioni è illuminante. La mostra più visitata del Pecci, in assoluto, è una retrospettiva su Robert Mapplethorpe curata da Germano Celant nel 1993: i biglietti staccati furono 25mila. Record mai più battuto nell’era pre-ristrutturazione. Negli ultimi anni, però, come ci spiega Cavallucci, i visitatori si erano ridotti a poche unità al giorno.
RICERCA DEL PUBBLICO, APERTURE SERALI E PALINSESTI TRASVERSALI
Arte tutti i giorni: non un modo di dire. La politica di Cavallucci ha puntato su alcuni concetti chiave, che potremmo riassumere nei termini accoglienza, contaminazione, espansione, ricerca, popolarità. Da qui lo sforzo per tenere il museo aperto 6 giorni su sette, con orari continuati e prolungati: da martedì a domenica, dalle 11 alle 23. Le visite serali non sono più un’occasione speciale.
E poi arti visive, ma non solo. In questi quattro mesi sono stati 112 gli eventi organizzati, tra conferenze, performance, spettacoli di danza, proiezioni cinematografiche, concerti. Molti i nomi di spicco, dal sociologo Zygmunt Bauman all’antropologo Marc Augè, dal climatologo Luca Mercalli allo scrittore Sandro Veronesi, dal musicista elettronico Ben Vida al dj e producer Joakim, dal coreografo Matteo Levaggi alla danzatrice Sayoko Onishi. E ancora: oltre 50 i film proiettati, mentre ai corsi per collezionisti, galleristi (Art Market Today) e appassionati d’arte (Pecci School) si sono affiancate le consuete attività didattiche, con visite guidate e laboratori.
IL LAVORO SUL FUNDRAISING
In sintesi: intercettare e costruire un pubblico nuovo. Oltre i turisti (anche quelli per nulla scontati) e gli addetti ai lavori. Un Museo che sta provando a crescere, a strutturarsi, a dotarsi di un modello dinamico ed inclusivo. Con tutte le incognite del caso, legate alla gestione delle economie, al sostegno istituzionale, alle lentezze burocratiche, alla continuità progettuale, alla gestione dei cantieri ancora aperti, alla ricerca di sponsor.
E a proposito di budget, un ultimo dato: il dipartimento fundraising ha raggiunto la cifra di 334.000 euro – il 15% del volume dei ricavi – attraverso donazioni e sponsorizzazioni. Un risultato significativo per un museo periferico, che punta a diventare un riferimento forte per la Toscana e per l’area del centro-nord. Il futuro? È appeso al prossimo bando internazionale per la direzione. Nel 2018 cambia tutto, daccapo.
– Helga Marsala
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