Land Art nel deserto della California. Spettacolari interventi tra terra e cielo per Desert X
Una grande mostra che trasforma in spazio espositivo il deserto californiano, disegnando una mappa di interventi d’artista. Nomi internazionali, per un’avventura ai confini della natura.
Zona al limite del pensiero e dell’immaginazione, piano astratto, utopia d’orizzonte e di terra, sfidando le logiche della sopravvivenza. Scomparse la cronologia e le coordinate, oltre l’ombra e il riparo. “Il deserto è Dio senza gli uomini”, scriveva Balzac. Il punto in cui il paesaggio si fa assoluto. E tra il disorientamento e la percezione del sublime, gli spunti estetici e concettuali non mancano: per gli artisti una fonte d’ispirazione potente.
Da questa fascinazione è nata Desert X (25 febbraio-30 aprile 2017), una mostra ambientata nel deserto della California, come sviluppo e variazione su tema dello storico festival Coachella Valley Music and Arts, nato nel 1978. Land Art allo stato puro, usando l’immensa distesa di sabbia, polvere e roccia come una tela, un palco o uno schermo. Sedici artisti internazionali hanno progettato le loro installazioni site specific, respirando l’energia di questi luoghi a perdita d’occhio e cavandone riflessioni poi tradotte in forme monumentali. Così da disegnare un parco di sculture en plein air, rigorosamente geolocalizzate su google maps.
I PROGETTI FRA INSTALLAZIONE E PERFORMANCE
Spettacolari alcune opere, nella loro capacità di integrarsi col paesaggio e di funzionare come landmark in mezzo all’infinita distesa brulla. È il caso di The Circle of Land and Sky di Phillip K Smith, un semicerchio composto da 300 strutture geometriche riflettenti, inclinate a 10 gradi e piantate nel terreno: intercettando l’immagine del cielo e del suolo, i tralicci specchianti espandono, declinano e riverberano il paesaggio, per una modulazione dinamica dell’orizzonte. Gioca sull’effetto ottico anche Doug Aitken, che piazza una casa in stile ranch nel Deserto di Palisades: l’edificio è interamente rivestito di specchi, così da sparire nel contesto, rompendo il limite tra natura e architettura. Quasi un miraggio, un’apparizione magica.
Rob Pruitt ha scelto invece una chiave performativa e relazionale, portando il suo progetto itinerante “Flea Market” dentro il Palms Spring Museum. Un bazar che dal 1999 cambia sede, merci e attori ad ogni tappa, e che qui mette insieme artisti, collezionisti, designer e tastemaker intercettati fra Palm Springs, Joshua Tree e Coachella Valley. Ancora shock ottici con i maxi billboard di Jennifer Bolande, installati sulle autostrade della California, che come finestre tautologiche pubblicizzano il panorama, e poi con Curves and Zigzags di Claudia Comte, pannelli a metà fra pittura e scultura, in cui linee parallele a zig-zag si trasformano progressivamente in onde curve, passando dall’ordine al caos: una scrittura astratta lungo un sentiero selvaggio, radicale.
– Helga Marsala
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