Tutti gli enigmi di Agostino Arrivabene. A Lissone
MAC, Lissone – fino al 14 maggio 2017. Componenti rituali e attualità si mescolano nelle enigmatiche opere dell’artista cremonese. Protagonista di una rassegna dove trovano spazio surrealismo e ibridazione.
Divinità ctonie o presenze dal cyberspazio? Agostino Arrivabene (Rivolta d’Adda, 1967) come un Argonauta del terzo Millennio, esplora le profondità della sua fertile immaginazione in cerca dell’“oro della conoscenza”, portando alla luce nuovi metamorfici personaggi avvolti dall’aura del mito e del mistero. Opere recenti dell’artista-demiurgo, con studio a Gradella, nel cremonese, sono presentate al Museo d’Arte Contemporanea di Lissone nella mostra dal titolo L’ospite parassita, a cura di Alberto Zanchetta e Chatia Cicero. La rassegna prende il titolo dall’omonima installazione che, come auspicio rigenerativo, si compone di un teschio da cui si innalza un volo di farfalle multicolori. Duplice l’interpretazione del criptico titolo dell’opera, e dell’esposizione stessa: parassita è l’artista che sugge da oggetti “meravigliosi”, appartenenti alle secentesche categorie Naturalia e Artificialia, il nettare creativo che gli permette di realizzare opere dense di simboli e ibridismi. E parassita è l’oggetto che, annidandosi nella mente dell’artista, trova nuova giustificazione del suo esistere attraverso le facoltà visionarie emanate dall’uomo.
WUNDERKAMMER E MUTAZIONI
Negli ariosi spazi al secondo piano del museo, senza soluzione di continuità, si susseguono una ventina di opere: pitture a olio su legno e un paio di piccole sculture in seta, gesso e cera, ricche di germinazioni biomorfe e surreali preziosismi. A esse si accompagnano alcuni oggetti provenienti dalle affollate Wunderkammer che Arrivabene ha raccolto nelle sale dell’edificio settecentesco dove lavora, e da cui incessantemente trae fecondi spunti creativi. Qui un’antica ruota birmana scolpita nel legno e corrosa dal tempo presenta sulla sua superficie quegli affondi e quei rilievi che, agli occhi dell’artista, in un gioco di suggestioni percettive, evocano le rocce leonardesche dei paesaggi lombardi. Là un coccodrillo e una tartaruga tassidermizzati, crani assemblati di coccodrillo e cinghiale, una radice di mangrovia, opere grafiche e fotografiche aprono spiragli sul background culturale di Arrivabene e allacciano sottili dialoghi con le rappresentazioni intrise di allusivi rimandi a grandi maestri: Bosch, Dürer, Moreau, Redon, Ernst. All’insegna di perenni mutazioni, formali e semantiche.
– Alessandra Quattordio
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