Comporre e scomporre. Giovanni Termini a Lissone
MAC, Lissone – fino al 9 aprile 2017. Giovanni Termini sfida la forma con nuove strutture possibili. Tra oggetto ed estetica, processualità e inventiva.
Come una tensione continua, una molla tesa e pronta per colpire lo sguardo dello spettatore o una mina pronta a esplodere e ferire lo spazio, la nuova personale di Giovanni Termini (Assoro, 1972) organizzata e curata da Bruno Corà e Alberto Zanchetta negli spazi del MAC di Lissone punta lo sguardo su un percorso polimaterico, dove l’intuizione dell’artista coincide con l’intuizione della forma, di nuove strutture possibili.
Dal cemento al ferro, dal legno al vetro, dal cartongesso al tubo zincato e al video, Visioni d’insieme è un dispositivo multisensoriale che assorbe la luce e ridisegna gli ambienti con una cromaticità brillante e una espressività plastica disarmante. “La libertà e l’azzardo con cui oggi Termini usa tubi da impalcature cantieristiche, ferri zincati e fasce in nylon da sollevamento e trasporto, o le tavole in MDF o in formica, si devono a illustri parentele con quegli antenati e a sensibilità che ne hanno sviluppato le premesse storiche”, ha suggerito Bruno Corà nell’introduzione alla mostra.
IL PROCESSO DELL’ARTE
Accanto a tre importanti installazioni – Zona Franca (2006), Attraverso (2017) e la videostruttura Tempo imperfetto (2017) –, un disegno intitolato Carta (2015) e una piccola struttura in cemento che è, per l’artista, una Idea di coesione (2013), costruiscono un circuito pentagonale, un percorso che si sviluppa come indicatore processuale, come organizzazione di una scultura che “non ha una forma in sé ma è”, essa stessa, “la sua forma”.
Seguendo un andamento analitico che pone al centro dell’attenzione i processi che trasformano l’oggetto in corpo estetico – “Mi interessa tutto quello che accade nel mentre, nel momento della riflessione, del fare arte”, avvisa Termini –, l’artista punta l’indice su una teoria della formatività dove la compiutezza non è compimento, ma punto che condensa in sé l’intero movimento dell’attività creatrice.
Con uno sguardo che investe i materiali e apre una avventura, una scommessa, una scoperta, Giovanni Termini propone dunque un discorso che si immerge nel processo dell’arte, nella simultaneità di invenzione e produzione, per dar luogo a una riflessione sulla esecuzione, su un brano dell’arte che è, per dirla con Pareyson, “l’incerto cammino d’una ricerca, in cui la sola guida è l’attesa della scoperta”.
– Antonello Tolve
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