Marco Di Giovanni e il “folle senno” di Ariosto

MLB – Maria Livia Brunelli home gallery, Ferrara – fino al 2 aprile 2017. Ideata in occasione del cinquecentenario della pubblicazione dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto e in concomitanza con l'esposizione dedicatagli a Palazzo dei Diamanti di Ferrara, la personale di Marco Di Giovanni è un viaggio poetico nel poema rinascimentale.

Nella prima sala, in bilico tra straniamento e seduzione, una giovanissima e scultorea Bradamante stordisce vista e udito dello spettatore: è il video della performance inaugurale, quando l’attrice si è battuta per circa due ore con fragori metallici di fronte a un immaginario uomo violento, contro cui lotta per amore del suo Ruggero.

VELINE E ACQUERELLI

Mentre assistiamo ai movimenti vorticosi della sua treccia virile – a detta dell’artista Marco Di Giovanni, figura prototipo del transgender contemporaneo – la mente è improvvisamente alienata da visioni di leggeri, eterei ed impalpabili acquarelli blu. Incastonati dentro vetri trasparenti, fra strati di veline che li rendono ancora più evanescenti, rappresentano il sogno, qui quasi intoccabile e per questo ancora più vero, dell’Angelica donna-oggetto per antonomasia, la cui magia rappresenta una via di salvezza. Si tratta di pose “dal vivo” dipinte dall’artista con sensualità e pudore: vedono protagoniste prostitute che, quotidianamente, offrono attraverso gli annunci sui giornali l’essenza della più esplicita corporeità.
Ancora una volta, Di Giovanni ricorda che è la donna la vera protagonista del Furioso, in tutte le sue labili sfaccettature, mentre il banale stereotipo dell’uomo cavaliere perde il senno.

Marco Di Giovanni, La Luna di Moleskine. Photo © Marco Caselli Nirmal

Marco Di Giovanni, La Luna di Moleskine. Photo © Marco Caselli Nirmal

LUNA E MOLESKINE

Si arriva così alla seconda stanza, dove ci si ritrova su un Ippogrifo metallico inclinato oltre la “norma” a guardare il cuore della Terra, in un fragile equilibrio di sensi e percezioni, anelando a ciò che Ariosto menzionava come “tutto ciò che l’uomo desidera”: la Luna.
Cuore pulsante della mostra, la Luna è l’unico modo che lo spettatore ha per scacciare la follia: la trova in un piccolo oblò di ferro di circa due metri che completa l’installazione precedente, e, novello Astolfo, si improvvisa a scrutarla e raggiungerla guardandola da diverse prospettive, con diverse sfumature. E per un attimo, torna “identità”, paradossalmente di nuovo nella dimensione terrena ma da essa contemporaneamente distaccato. Ora sì, pronto a reggere l’impatto con il volto del grande poeta, che compare minuziosamente disegnato nell’ultima, spettacolare opera: il viso, sereno, placido e per volontà dell’artista un po’ “giocondamente” ironico, di Ludovico, che dall’alto dei suoi 46 taccuini Moleskine sui quali è immortalato (tanti quanti i canti del suo poema), osserva, tra infiniti planisferi e attenti segni di matita, proprio l’astro lunare, disegnato su due agendine all’inizio della galleria.
Ed è dunque la sua immagine più vera, contrapposta a quella canonica ed istituzionale attraverso cui è spesso raffigurato, che Di Giovanni ci regala.

– Deborah Benigni

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Deborah Benigni

Deborah Benigni

Deborah Benigni è giornalista pubblicista dal marzo 2003 e collaboratrice redazionale free lance per varie case editrici che si occupano del settore scolastica. Dopo la laurea in Lettere Classiche presso l’Università degli studi di Bologna, collabora per diversi anni con…

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