Una miniera di giovani talenti. Da Cluj a Trento

Boccanera Gallery, Trento – fino al 6 maggio 2017. Cinque artisti della Scuola di Cluj si interrogano sulle possibilità della pittura. Alta qualità tecnica, sperimentazione nell’uso del colore, elementi autobiografici. Natura, cultura e memoria, strettamente intrecciate, danno vita a linguaggi differenti.

Cinque artisti provenienti da quella che è considerata una vera e propria miniera di pittori, la Scuola di Cluj in Romania, si riuniscono a Trento. Definita così e divenuta nota sulla scena artistica internazionale per opera di Giancarlo Politi in occasione della Biennale di Praga del 2007, la Scuola di Cluj rappresenta un importante polo di ricerca e di riflessone sulla pittura. Ormai Cluj è meta di un vero e proprio pellegrinaggio artistico, anche per la presenza della Fabrica de Pensule, ex fabbrica di pennelli ospite di atelier, gallerie e artisti da tutta Europa.
Punti di riferimento sembrano essere gli artisti tedeschi Gerard Richter e Sigmar Polke per quel mix di memoria individuale e collettiva, come reazione a un passato storico importante. In particolare, nelle opere di Ovidiu Leuce i ricordi personali e familiari si intrecciano alla riflessione sul tema dell’emigrazione. Si assiste a una sorta di trasfigurazione, frammenti del parco dell’Anagnina a Roma, in cui si raccoglie la comunità rumena, divengono una barriera di vegetazione, simbolo di rinascita e condizione di passaggio. Non a caso il titolo dato alla serie evoca la canzone Skating Away On The Thin Ice Of The New Day dei Jethro Tull.

Pavel Grosu, Hidden story, 2016

Pavel Grosu, Hidden story, 2016

I TANTI VOLTI DELLA PITTURA

Valentin Marian Ionescu si muove maggiormente sul limite del visibile e del non invisibile. Da un’indagine attorno alla pittura di paesaggio giunge a un’interrogazione filosofica sul concetto di natura. La materia si cristallizza in geometrie tridimensionali quasi a volersi manifestare visibilmente nello spazio.
I colori saturi emergono dai collage dipinti di Pavel Grosu, in cui immagini familiari si mescolano a elementi prelevati della vita di tutti i giorni, dando vita a un contrasto tra astratto e figurativo che genera atmosfere intime, ma nello stesso tempo surreali e assurde. Nei lavori di Marcel Rusu, invece, la dimensione della memoria diventa un’immagine sbiadita sotto stesure monocromatiche di colore. Cristian Avram si avvicina più prepotentemente alla pittura tradizionale, a storie di vita collettiva, tentando una riflessione sul colore e sul linguaggio pittorico, rischiando, però, di rimanere imbrigliato nella rappresentazione.

Antonella Palladino

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Antonella Palladino

Antonella Palladino

Ha studiato Storia dell’arte presso le Università di Napoli e Colonia, laureandosi in Conservazione dei Beni Culturali con una tesi dal titolo “Identità e alterità dalla Body Art al Post-Human”. Ha proseguito la propria formazione alla Fondazione Morra e poi…

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