#presentense (II). Il posto del futuro
Scrittura, linguaggio, profluvio di immagini. Punti di ancoraggio al tempo presente e alla storia della creatività, per tirare le somme del tempo futuro.
![#presentense (II). Il posto del futuro](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2017/05/Alessandro-Bulgini-Taranto-Opera-Viva.-Dio-è-quotidiano-2017-_1.jpg)
In pullman per Roma, 19 aprile. Il linguaggio come un groviglio, come un pasticcio, come un impasto selvaggio di influenze, di contingenze, di differenti punti di vista e apporti. Lo scorrere e l’arrestarsi; l’appoggiarsi; lo sprofondare; brulichìo; vagito.
Le anse e i pertugi e le buche e i fossi… gli errori. Le deviazioni; i pozzi; i vicoli ciechi (fatti tutti di parole). È l’unico modo per sperare, tentare di afferrare, almeno per un attimo, la vibrazione costante della vita e del pensiero. “The future in the instant” (William Shakespeare, Macbeth).
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“The future is inside us / It’s not somewhere else / It’s not somewhere else / It’s not somewhere else” (Radiohead, The Numbers, in A Moon Shaped Pool, 2016).
Sbrilluccichìo. Espansione. Esorbitare. Esondare. Rifluire. Immergersi. Tuffarsi. “Dive in me” (Nirvana). Crash. Sbandare. Dirottare. Deragliare. Rimbaud. Rifluire. Sbuffare. Bluffare. Nave a vapore. Barca. Impression, soleil levant. Johnny Mnemonic. Robert Longo. William Gibson. Cyberpunk. Pensiero meridiano. Metafisica. Malinconia. Fantascienza mediterranea, sgarrupata. Il design di automobili degli Anni Cinquanta. L’architettura razionalista del lungomare e del quartiere Madonnella a Bari. L’architettura razionalista di Latina. “Sai che vuol dire razionalista? Che abbiamo sempre ragione noi!” (Mio fratello è figlio unico). Le saghe familiari di Antonio Pennacchi. Storia di Karel.
Le sottoculture – rave e giochi di ruolo – di Vanni Santoni, e la loro capacità di generare immaginario e valori, vero tema fondante delle due opere. In molti punti, Santoni si sofferma su questo aspetto – parlando per esempio dello “stigma sociale” che ha investito, seppur in forme diverse, entrambi i fenomeni: “Che non sia una punizione per chi sceglie di chiamarsi fuori da un sistema in cui i più fighi o i più bravi negli sport, ovvero nelle prove di una società basata sulla sopraffazione, vengono premiati e gli altri messi da parte? Per chi sceglie di crearsi un proprio mondo? Proprie regole? La fantasia sull’omologazione?”
Sbrilluccichìo. Scorie detriti rottami. Divagazioni. Brulichìo. I gabbiani sulla montagna di percolato. Percolare. Sbavare. Il Sud smangiato eroso smagrito corroso emaciato. Piazza S. Giuseppe a Taranto Vecchia. L’Isola. La bolla spazio-temporale. Il depistaggio. Lo stoccaggio. Lo scherzo di natura. Il fenomeno da baraccone. Indivisibili. Il golfo di Gaeta e Castel Volturno. Sazietà.
L’altrove. L’intersezione. L’interferenza. L’interzona. Il margine. Il confine. Il bordo. Il limite. Il codice. La convenzione. La distinzione. La differenza. Il suono e il rumore. L’opera, e la vita. La realtà. Sempre. Per sempre. Ora. Always Forever Now. Qui. Farsi. Il processo. La costruzione. La comunità.
Iper-saturazione. Finzionalità. Giocondo. Immaginario serio. Diffuso. Condiviso. Competizione collaborativa. Allenamento alla collaborazione. Educazione collettiva. Evoluzione.
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![Vanni Santoni, La stanza profonda (Laterza 2017)](http://www.artribune.com/wp-content/uploads/2017/05/Vanni-Santoni-La-stanza-profonda-Laterza-2017-_3.jpg)
Vanni Santoni, La stanza profonda (Laterza 2017)
E la scrittura può anche fluire così, totalmente incontrollata, come i ricordi – senza rete e senza tutela, senza garanzie – sono già passati due anni da quando si è affacciata alla mente la teoria dell’“oltre-fallimento” (in Piazza S. Giuseppe, seduti con Alessandro Bulgini ai tavolini della Locanda di Franco da qualche parte tra fine marzo e inizio aprile 2015: e volendo si potrebbe anche rintracciare il giorno preciso, ammesso che interessi a qualcuno…), qualcosa che è incistata così profondamente e da così tanto immemorabile tempo nel tessuto immaginario e pratica della cultura e della vita comune italiana (Montale; la Pittura Metafisica; Savinio; l’Ermetismo; Sironi; Sereni) da riemergere in continuazione e periodicamente, decennio dopo decennio, epoca dopo epoca. Contemporaneo dopo contemporaneo.
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Taranto Vecchia, Marina, 23 aprile.
Furia. Infuriare.
Il diluvio di immagini e scene e livelli – il primo disco di The Wall mentre in auto sulla SS100 da Massafra arrivo a Taranto (il ragazzo nerissimo che cammina sul cavalcavia alle 3 di pomeriggio all’ingresso della città – come decine che ho visto negli ultimi anni, qui e a Castellaneta Marina – è il futuro). Sovrapporre le dimensioni fino a identificarle. Alessandro ha costruito un’intera playlist degli U2 Anni Ottanta, che ascoltiamo sulla cassa portatile grigia – qui sull’isola di Taranto Vecchia, seduti a bere grappa e amaro e birra Raffo – Wire in sottofondo mentre parlo con Luca (autore nel tempo libero di bellissimi mosaici realizzati con piastrelle di ceramica, bianche e nere, frantumate) del passato recente e del futuro di questo luogo, così rovinato eppure così ricco, così denso, così potente – al Bar Old City, paragonando questo lungomare al Brasile o a L’Havana. Mentre Alessandro a un certo punto dice: “Sto sempre di più cercando di assomigliare all’asfalto… a queste pareti… una sorta di camouflage.”
– Christian Caliandro
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