#presentense (II). Il posto del futuro
Scrittura, linguaggio, profluvio di immagini. Punti di ancoraggio al tempo presente e alla storia della creatività, per tirare le somme del tempo futuro.
In pullman per Roma, 19 aprile. Il linguaggio come un groviglio, come un pasticcio, come un impasto selvaggio di influenze, di contingenze, di differenti punti di vista e apporti. Lo scorrere e l’arrestarsi; l’appoggiarsi; lo sprofondare; brulichìo; vagito.
Le anse e i pertugi e le buche e i fossi… gli errori. Le deviazioni; i pozzi; i vicoli ciechi (fatti tutti di parole). È l’unico modo per sperare, tentare di afferrare, almeno per un attimo, la vibrazione costante della vita e del pensiero. “The future in the instant” (William Shakespeare, Macbeth).
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“The future is inside us / It’s not somewhere else / It’s not somewhere else / It’s not somewhere else” (Radiohead, The Numbers, in A Moon Shaped Pool, 2016).
Sbrilluccichìo. Espansione. Esorbitare. Esondare. Rifluire. Immergersi. Tuffarsi. “Dive in me” (Nirvana). Crash. Sbandare. Dirottare. Deragliare. Rimbaud. Rifluire. Sbuffare. Bluffare. Nave a vapore. Barca. Impression, soleil levant. Johnny Mnemonic. Robert Longo. William Gibson. Cyberpunk. Pensiero meridiano. Metafisica. Malinconia. Fantascienza mediterranea, sgarrupata. Il design di automobili degli Anni Cinquanta. L’architettura razionalista del lungomare e del quartiere Madonnella a Bari. L’architettura razionalista di Latina. “Sai che vuol dire razionalista? Che abbiamo sempre ragione noi!” (Mio fratello è figlio unico). Le saghe familiari di Antonio Pennacchi. Storia di Karel.
Le sottoculture – rave e giochi di ruolo – di Vanni Santoni, e la loro capacità di generare immaginario e valori, vero tema fondante delle due opere. In molti punti, Santoni si sofferma su questo aspetto – parlando per esempio dello “stigma sociale” che ha investito, seppur in forme diverse, entrambi i fenomeni: “Che non sia una punizione per chi sceglie di chiamarsi fuori da un sistema in cui i più fighi o i più bravi negli sport, ovvero nelle prove di una società basata sulla sopraffazione, vengono premiati e gli altri messi da parte? Per chi sceglie di crearsi un proprio mondo? Proprie regole? La fantasia sull’omologazione?”
Sbrilluccichìo. Scorie detriti rottami. Divagazioni. Brulichìo. I gabbiani sulla montagna di percolato. Percolare. Sbavare. Il Sud smangiato eroso smagrito corroso emaciato. Piazza S. Giuseppe a Taranto Vecchia. L’Isola. La bolla spazio-temporale. Il depistaggio. Lo stoccaggio. Lo scherzo di natura. Il fenomeno da baraccone. Indivisibili. Il golfo di Gaeta e Castel Volturno. Sazietà.
L’altrove. L’intersezione. L’interferenza. L’interzona. Il margine. Il confine. Il bordo. Il limite. Il codice. La convenzione. La distinzione. La differenza. Il suono e il rumore. L’opera, e la vita. La realtà. Sempre. Per sempre. Ora. Always Forever Now. Qui. Farsi. Il processo. La costruzione. La comunità.
Iper-saturazione. Finzionalità. Giocondo. Immaginario serio. Diffuso. Condiviso. Competizione collaborativa. Allenamento alla collaborazione. Educazione collettiva. Evoluzione.
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E la scrittura può anche fluire così, totalmente incontrollata, come i ricordi – senza rete e senza tutela, senza garanzie – sono già passati due anni da quando si è affacciata alla mente la teoria dell’“oltre-fallimento” (in Piazza S. Giuseppe, seduti con Alessandro Bulgini ai tavolini della Locanda di Franco da qualche parte tra fine marzo e inizio aprile 2015: e volendo si potrebbe anche rintracciare il giorno preciso, ammesso che interessi a qualcuno…), qualcosa che è incistata così profondamente e da così tanto immemorabile tempo nel tessuto immaginario e pratica della cultura e della vita comune italiana (Montale; la Pittura Metafisica; Savinio; l’Ermetismo; Sironi; Sereni) da riemergere in continuazione e periodicamente, decennio dopo decennio, epoca dopo epoca. Contemporaneo dopo contemporaneo.
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Taranto Vecchia, Marina, 23 aprile.
Furia. Infuriare.
Il diluvio di immagini e scene e livelli – il primo disco di The Wall mentre in auto sulla SS100 da Massafra arrivo a Taranto (il ragazzo nerissimo che cammina sul cavalcavia alle 3 di pomeriggio all’ingresso della città – come decine che ho visto negli ultimi anni, qui e a Castellaneta Marina – è il futuro). Sovrapporre le dimensioni fino a identificarle. Alessandro ha costruito un’intera playlist degli U2 Anni Ottanta, che ascoltiamo sulla cassa portatile grigia – qui sull’isola di Taranto Vecchia, seduti a bere grappa e amaro e birra Raffo – Wire in sottofondo mentre parlo con Luca (autore nel tempo libero di bellissimi mosaici realizzati con piastrelle di ceramica, bianche e nere, frantumate) del passato recente e del futuro di questo luogo, così rovinato eppure così ricco, così denso, così potente – al Bar Old City, paragonando questo lungomare al Brasile o a L’Havana. Mentre Alessandro a un certo punto dice: “Sto sempre di più cercando di assomigliare all’asfalto… a queste pareti… una sorta di camouflage.”
– Christian Caliandro
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