Visioni estoni a Firenze
Museo Novecento, Firenze – fino al 21 maggio 2017. Il museo fiorentino ospita “Visioni dal Nord”, un'inedita selezione di opere provenienti dalla collezione Enn Kunila. Mettendone in luce tutto il potenziale.
La produzione artistica estone si conferma protagonista del ricco programma fiorentino attraverso l’esposizione di una delle più grandi raccolte private di pittura moderna dell’Europa nordorientale.
La grande influenza delle avanguardie storiche connota fortemente la serie di dipinti presenti nelle sale, lasciando però spazio a tracce del tutto peculiari. Le frequentazioni assidue dei principali poli europei come Parigi e Monaco di Baviera, o della vicina San Pietroburgo, portano gli artisti estoni ad ampie riflessioni sull’impiego del colore e sul significato primario del fare arte. La profonda sperimentazione cromatica, di chiara matrice espressionista e talvolta accostata ai fauves, rende gli impervi paesaggi della natura estone vere e proprie proiezioni di uno stato d’animo.
DALL’UOMO ALL’EN PLEIN AIR
La rappresentazione della figura umana è quasi del tutto abbandonata per lasciare spazio a un trionfo en plein air di vibranti vedute nelle quali la luce inonda visioni più o meno naive.
La ricerca di un arché è sintetizzata non solo nelle forme elementari di alcuni paesaggi, ma soprattutto nel tentativo di analisi e di comprensione della dimensione naturale della vita. Il territorio, le radici, la purezza degli specchi d’acqua appena accennati tra la rigogliosa vegetazione nordica sono tradotti nella rappresentazione più intima dell’esistenza. L’atto del dipingere con una finalità edonistica e ricercando la magia della natura imprime all’esperienza di visita un lirismo quasi religioso.
I PROTAGONISTI
Un’intera sala è dedicata al percorso di Konrad Mägi, ritenuto uno degli artisti di maggiore spicco della produzione estone. La geografia delle sue opere attraversa la porzione meridionale del suo paese natale fino ai bagni di luce del periodo italiano. Venezia, Roma, Capri e un sentimento mediterraneo mai abbandonato, tradotto unicamente in forme descritte dal colore e in un’impronta pittorica che rievoca Aix e il Paul Cézanne più squisitamente post-impressionista.
Lo spazio espositivo accoglie poi una mostra collettiva di gemme solitarie incastonate in una narrazione che sembra ripercorrere le accezioni più esemplari delle prime avanguardie. Lezioni di astrattismo sono riproposte da Herbert-Joachim Lukk, ammiccamenti a una spensieratezza rococò sono filtrati dalla sensibilità di August Jansen e la drammaticità interiore è espressa dall’acidità cromatica dell’unico ritratto eseguito da Villem Ormisson. Una grande orchestra che, attingendo dai grandi maestri moderni, riesce a stupire attraverso una disarmante semplicità del tutto priva di contaminazioni.
– Davide Merlo
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