Giochi di intrecci. Un curatore e tre artisti alla Fondazione Prada di Venezia
Fondazione Prada, Venezia – fino al 26 novembre 2017. Tre artisti di provenienze differenti e un curatore interessato ai meccanismi stessi della curatela. Sono questi gli ingredienti di una mostra che prende le mosse da un malinteso legato a un dipinto ottocentesco di Angelo Morbelli.
Per fortuna che usciti dai gigantismi da kolossal Anni Sessanta della Punta della Dogana e di Palazzo Grassi si può accedere ad altre situazioni. La Fondazione Prada di Ca’ Corner della Regina, che ospita The Boat is Leaking. The Captain Lied, è una di queste. Sarebbe semplicistico definirla soltanto una mostra, si tratta di qualcosa di più e di diverso. È un complesso progetto di dialogo tra diversi linguaggi e diversi personaggi: lo scrittore e regista Alexander Kluge, la scenografa e costumista Anna Viebrock e l’artista tedesco Thomas Demand, il cui lavoro ci obbliga a letture di natura linguistica. Regista dell’operazione è Udo Kittelmann, direttore della Nationalgalerie di Berlino, curatore del bel Padiglione tedesco che, nel 2001, ha vinto il Leone d’oro per la migliore partecipazione nazionale. Presentava Totes haus u r di Gregor Schneider. Anche lì un lavoro di studio e di trasformazione dello spazio assai interessante.
RIMANDI E MECCANISMI
Il curatore tedesco, quasi sessantenne, da molti anni si interessa, come accade nella mostra di Prada, al senso della pratica curatoriale, al rapporto dell’arte con le istituzioni. La sua indagine è rivolta ai meccanismi più che agli esiti. Lo spettatore che visita la mostra si trova in mezzo a una serie di giochi di rimandi in cui il vero, la sua rappresentazione, la sua idealizzazione, ma anche la sua falsità intrinseca, diventano oggetto continuo di dibattito. Qui ci troviamo, in fondo, di fronte a un intreccio fra tre linguaggi in cui lo spettatore è attivo e passivo al tempo stesso.
UNA MOSTRA COMPLESSA
Il processo avviato dalla mostra, che si dipana tra quadri antichi, fotografie, video, ambientazioni e molto altro, nasce da un malinteso, da una lettura fallace del dipinto del pittore Angelo Morbelli, vissuto tra Otto e Novecento. Soggetto dell’opera sono gli anziani e indigenti ospiti del Pio Albergo Trivulzio, che erano stati erroneamente interpretati come marinai a riposo. Dalla suggestione condivisa dai protagonisti dell’operazione derivano il titolo dell’operazione stessa, ispirato a un brano di fine Anni Ottanta di Leonard Cohen, e la scelta di esporre sette opere di Morbelli. In mostra anche la ricostruzione reale di quei luoghi. Un’operazione cerebrale, certo, ma anche fisica, sensoriale, che conduce lo spettatore tra dipinti, fotografie, film, messinscene letterarie e artistiche.
Una mostra che non può essere consumata in un soffio, ma che necessita di tempo e concentrazione e forse di una seconda visita.
– Angela Madesani
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