Fracasso e fuga. Una mostra a Roma
ArtQ13, Roma – fino al 19 maggio 2017. La galleria romana mette in scena un percorso sulla superficie della metropoli contemporanea. Usando l’arte come ironico strumento interpretativo.
Galleria di frontiera, come ce ne sono nella periferia romana che cerca di riacquisire uno statuto cittadino, propone una mostra che ha per tema la Forma Urbis della periferia. Un Fracasso da cui Fuggire? Forse un ordine da ricostruire. Attorno alla galleria le stazioni della metropolitana e degli autobus sono circondate dall’incessante fiume delle macchine che da lì si riversano fra i più popolosi quartieri di Roma. Questa situazione di rottame nel mare del traffico è sottolineato dalla performance di Guido Polidori, Critica Floreale, che alterna diverse persone a leggere libri di critica e di poesia appoggiati alle fermate della metro e degli autobus reggendo un libro e immensi mazzi di fiori nell’azione. Un signore formalmente vestito è seduto su uno sgabello e guida usando una ruota nell’azione Volante Ruotante, mentre un tranquillo e maturo individuo si aggira in un pigiama ricoperto di automobiline. I viaggiatori in attesa o seduti in macchina guardano il tutto con uno sguardo vitreo, mitridatizzati dalla pratica del viaggio urbano. Lo stesso viaggio tra fermate e galleria artQ13 si svolge in navetta, commentato da un pezzo di sound-making di Luana Lunetta, Azimuth, montaggio di suoni, voci, tonfi e grida, freni e scontri registrati nel quartiere, universo sonoro compresso e claustrofobico. Ancora un’audiotraccia, questa volta di Stefan Nestorofski (La Tana), ma in cuffie da sentire alla fermata. La fermata coincide con il mistero di un parcheggio costosamente costruito anni fa, sbagliato nelle misure e mai utilizzato.
SCONTRI E NECESSITÀ
Questo scontro fra necessità e insufficienza dell’istituzione è il segno che muove l’intera mostra. In galleria Jonathan Monk mette un grande biglietto la cui lettura è però resa impossibile dagli onnipresenti copertoni di macchina, mentre Sophie Whetnall, nel video Excess of Jang, riprende una pilota alla guida di una macchina fiammante da corsa. Scopriremo dopo che la macchina, benché fremente e rombante, è immobile su un supporto e quindi impossibilitata a correre. Carlo Caloro passa dalla tecnologia all’anti-tecnologia con una divertente “macchina inutile”, altro esorcismo contro la “Società della Vettura”. Un minuscolo libro appeso al muro contiene una composizione di parole di Augustin Meurs, Le petit livre-meurtre, raccolta di traduzioni del termine Morte. Nel motore di ricerca di Google la parola morte è tradotta in “solo” 96 lingue. Questa limitazione linguistica data dal motore di ricerca è ciò che mette in modo la raccolta delle traduzioni in un mini libro e la sua trasformazione in una performance di musica e canto. Così un corteo di cantori si muove verso l’ultima tappa, un supermercato naturalmente (però bio), affacciato sul traffico delirante dell’ora di punta. Dove si svolge l’ultima performance ambientata in un tracciato di parcheggio fatta dalla turca Nezaket Ekici, Traces of Home. L’affollata proposta della mostra e la sua complessità assomigliano al quartiere più di qualsiasi fotografia. La necessità di ridare un senso e una forma alla città è il problema di una rassegna che agisce non politicamente, ma nel nome della politica, esasperando le contraddizioni e utilizzando l’ironia.
– Lorenzo Taiuti
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