Ironia Fluxus. John M. Armleder a Roma
Istituto Svizzero, Roma – fino al 1° luglio 2017. Nella Capitale va in scena John M. Armleder, uno dei fondatori dello storico movimento Fluxus. Tra divertimento, riflessione e provocazione.
Mai prendersi troppo sul serio, giocare diventa atto creativo e fluido quando si è disposti a scendere a compromessi, trovando un modo per aggirare le regole. John M. Armleder (Ginevra, 1948) dispone uno stockage, un inventario di articoli d’arte (realizzati dal 1991 al 2017) che si ordinano autogenerandosi dalle geometrie dello spazio, riplasmandone angoli e superfici. Ogni forma trova il suo posto, quasi fosse ideata site specific in uno slancio idiosincratico. Ocva! spassionatamente kitsch nello sfarzo sfavillante, è un memento mori rococò persino nell’ideologia. Lo scheletrino di un fantoccio insiste nella sua fissità, quasi incastonato nella gelatina galattica di nuvole glitter – il colore cangiante a seconda del punto di vista dello spettatore –, mentre le venature nerastre sposano alla perfezione le colonne binate che, con l’arco a tutto sesto, si prestano a incorniciare l’opera.
ORGANISMI DUTTILI
L’ambiente ottocentesco di Villa Maraini, fortemente caratterizzato, si trasforma così in un duttile organismo da cui il prestigiatore tira fuori idee e combinatorie elementari. Una costellazione meteorica in vetro resina (Untitled, 2002) di venticinque lampade a muro; due tube (laccate argento e oro) sono accostate a una tela dove un’unica scia di brillantini pastello cola da un punto (casuale) del margine sinistro, lasciando il resto bianco latte: de M & G H è un omaggio a John Cage, così minimale da risultare in contrasto con la musica da camera destinata al salone. Un set di specchi in gomma piuma, una tenda a caduta (FS Ciniglia, 1991) le cui frange richiamano le ali variopinte degli angeli rinascimentali pur nella scelta di materiali “poveri”, uno smile su una superficie specchiante sopra al caminetto al posto del ritratto della contessa Maraini, una trovata un po’ scontata che vorrebbe risultare impertinente.
SCULTURA E ARREDAMENTO
L’ala più interessante è quella che ospita Sorry IV e Sorry II, basati sull’idea delle forniture sculptures, in cui l’artista associa dipinti con oggetti d’arredamento. Utilizzando dei pannelli dell’esposizione precedente, su cui innesta due dipinti bicromi nero e ocra, Armleder crea delle asimmetrie in cui diagonali che potrebbero combaciare o toccarsi non arrivano mai alla congiunzione; il tutto complice dell’estro ornamentale dei pavimenti e del mobilio. Una catasta di lampade bianche, panna e avorio, con la loro luce soffusa, richiamano il focolare domestico, mentre Bench, due poster, gemelli omozigoti, delle ballerine di Degas, ironizza sul concetto benjamiano di riproducibilità e sullo statuto dell’opera d’arte.
– Giorgia Basili
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