Religione, storia e ironia. Nino Longobardi in Puglia
A Castel del Monte, Nino Longobardi rende omaggio a Federico II, distribuendo le sue sculture negli spazi ameni della sua più celebre residenza. In una personale curata da Achille Bonito Oliva e promossa dal Polo Museale della Puglia.
A Castel del Monte, avamposto di cultura laica, spuntato sorprendentemente nel clericale Medioevo, Nino Longobardi (Napoli, 1953) punteggia le sale del maniero federiciano di sacrali e meste presenze. Non è un caso che si chiami Apparenze, la personale dell’artista campano curata da Achille Bonito Oliva e coordinata da Dafna Napoli in collaborazione con Nova Apulia. La mostra, promossa dal Polo Museale della Puglia per favorire nuove opportunità di fruizione del patrimonio architettonico, è distribuita in tutte le stanze del castello, al piano inferiore e a quello superiore, a partire della grande scultura del cortile. Un Cristo sdraiato in grado di sopraffare l’ottagonale perimetro con la sua imponente rilevanza scenica, dove la resina cede progressivamente il passo all’armatura che la sostiene, sviluppando ghirigori ferrosi nello spazio. Con questa traccia, in cui la superficie esterna è intesa come apparenza, e l’interno, viceversa, sta per sostanza e insieme per “memento”, si può leggere l’intero percorso espositivo. Le opposizioni semantiche tra pieno e vuoto si sostanziano, infatti, in scheletri che reggono figure umane con precarie congiunzioni di baricentri; in sedie svuotate che accolgono teste capovolte, appese a un filo come pendoli in cerca di un nuovo antropocentrismo; o ancora in altre teste, o crani, poggiati come in sublimate decollazioni sui rispettivi supporti e violati dalla presenza di oggetti, trombe, bicchieri o da interventi segnici, come per esempio fratture o eleganti ceselli.
DALL’IRONIA ALLA STORIA
Molte le suggestioni religiose che passano attraverso memorie barocche e diventano anche ironiche riletture. Vedi Pop Mortem, tra le ultime fatiche di Longobardi, dove un Crocifisso si regge su testine di agnello, dunque un Agnus Dei pronto per una iconografia animalista. Numerosi pure i rimandi alla storia dell’arte, dall’omaggio a van Gogh fino alle suggestioni surrealiste alla Magritte, affidate ai piedi recisi all’altezza della caviglia, pronti a indossare immacolati calzini o a disporsi parallelamente accanto a una sedia sfondata. Risultano anche in questo caso sineddochi, parti per il tutto per sollecitare una presenza umana sfuggita alla vita. Sempre in tema di evocazioni, nell’ultima stanza, l’artista rende il suo omaggio a Federico con Gute Shlafen Federico, un’augurale buona notte al Puer Apulaie con un letto apparecchiato e pronto all’uso. Poggia su un cumulo di detriti umani, ossa e teschi piegati a essere un comodo giaciglio in cui tenere a bada storia e memorie.
– Marilena Di Tursi
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