#presentense (IV). Cyberpunk mediterraneo
Un racconto per immagini da un Sud che mescola la memoria di Elvis e quella dei luoghi. Sullo sfondo di una riflessione attorno alla logica del “sistema”, implacabile rovina del presente.
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“Gli uomini fanno la storia, ma non
Conoscono la storia che fanno”.
Henry Kissinger
“La storia è sempre brutta”.
Vincenzo Profeta
1° maggio, Taranto Vecchia, via Duomo (I): Antonio Mariano. Il suo “negozio”; musica a palla di Little Tony e di Elvis Presley; racconto di Antonio su Malpensa 1964: incontro magico con Elvis.
Con Alessandro e Ginevra entriamo nel negozio (o laboratorio, o bottega, o antro: o installazione) di Antonio Mariano – un incredibile spazio, con dietro un altro spazio e un altro ancora, pieno di quadri con marine e di modelli meravigliosi di navi militari seicentesche e moderne – a volume altissimo una canzone di Little Tony (Quando vedrai la mia ragazza) ci avvolge e satura in modo piacevole l’ambiente – i CD accanto allo stereo sono tutti di Little Tony e di Elvis Presley e dei Platters. Mentre siamo nella seconda sala, da soli, Antonio mi racconta un aneddoto, un frammento prezioso e del tutto inaspettato della sua vita – aeroporto di Malpensa, 1964. Antonio a diciassette anni è scappato di casa e ha raggiunto in treno Milano da Taranto – si trova all’aeroporto non si sa come, non si sa perché, intravvede una piccola folla – al centro c’è lui, il Re, Elvis – il piccolo Antonio si intrufola fino a raggiungere il cantante, circonfuso di bellezza sovrannaturale (effetto fluo) – in questo incontro magico i due hanno qualche difficoltà a intendersi, proprio a livello linguistico, ma con l’aiuto dell’interprete in qualche modo ce la fanno e il succo del breve scambio è questo qui:
– Elvis, sono il tuo più grande fan!
– Eh, come vedi ne ho parecchi… sono milioni.
– Ma io…
– Beh, forse tu sei il più grande di tutti.
E poi, non si sa se con le parole o piuttosto con il solo sguardo (gli occhi del Re del Rock’n’Roll, allora ventottenne: Elvis the Pelvis, the White Nigger, il Nemico Pubblico, l’Inno di Guerra, il Fulmine di Memphis):
– In effetti, mi ricordi me stesso quando ero ragazzo…
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Caravaggio, Sette opere di Misericordia, 1606-07
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Taranto è la macchia indecifrabile, indefinibile sulla cravatta azzurra di Antonio, vestito a festa per S. Cataldo, patrono della città.
Taranto è l’amico di Antonio, che se ne esce con la battuta del decennio: “Ma questa è… la macchia mediterranea!”.
Taranto è il modo in cui i palazzi dell’Isola si scrostano, si erodono e permangono – il loro essere al tempo steso abbandonati e abitatissimi, reali e impossibili, confine e centro di ogni presente – un’erosione che è il risultato di una stratificazione storica e culturale quasi inconcepibile, di un’erosione prolungata e ipercompressa di memoria, di incuria, di oblio, di cura.
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6 maggio. Ti ficchi peraltro sempre in situazioni del genere, hai una specie di strana abilità in questo senso – e intanto attorno a te anche coloro che qualifichi ogni tanto con grande leggerezza come “ribelli” nutrono una passione smodata per il “sistema”, per qualunque sistema, per l’industria dello spettacolo, per lo star system – per essere cioè, molto banalmente, riconosciuti alla e dalla TV, da un qualche recinto che li accolga finalmente o meglio ancora che faccia mostra (agli altri) di riconoscerli – che poi tutti, ma proprio tutti quelli che vogliono DIVENTARE o ESSERE famosi – non hanno neanche l’onestà e la dirittura e la disciplina che era di Warhol – nel dedicarsi cioè completamente alla celebrity culture e al Nulla e all’Assenza – ma sono interessati proprio a un immaginario e a una pratica DI RISULTA.
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Alessandro Bulgini, Taranto Opera Viva. Macchia mediterranea, 2017
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SANTU VITU MIA, laboratorio di rigenerazione urbana a San Vito dei Normanni presso la Barberia De Siati in corso Leonardo Leo, 12 maggio. Atmosfera: Luce dall’alto (lucernario) – il calendario con la donna nuda – Anni Cinquanta – gli scaffali e il poster del Milan (Super-coppa TIM, Pechino, 6 agosto 2011), birre Bud, focaccia, patatine e olive – il lucernario – luce bianca dall’alto fino a tardi, le 7 di sera inoltrate – luce del Sud, piazza del Sud con due chiese come una quinta teatrale – piacevolezza dello stare dal barbiere: identità di un paese (identità profonda: i mandolinisti, per esempio, si riunivano di mattina proprio qui…) – erano anni in effetti che non vedevo un calendario così.
Immagine 1: il viso del barbiere, con gli arredi di legno dipinto di blu e il neon, il calendario con la donna nuda e le tette rifatte, logo MICROTECH in alto (font Anni Ottanta) – Roberto che parla della rigenerazione urbana a San Vito – vorremmo che la città venisse rappresentata, chiederemo ai cittadini di raccontarci la loro esperienza – come immaginiamo che questa comunità possa e debba funzionare nei prossimi anni – abbiamo bisogno che MOLTA gente ‘voglia bene’ al progetto – DIMENSIONE CORALE – il “sì vabbé” invece, la dimensione della sfiducia, è il nostro principale avversario.
Questa fusione e assemblaggio di elementi è già futuro, ha già una qualità indubitabilmente cyberpunk: un cyberpunk luminoso, mediterraneo, vernacolare, vitale, spontaneo e arcaico.
– Christian Caliandro
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