Inaugurata a Venezia la grande mostra di David Hockney
A un paio di giorni di distanza dall’opening della retrospettiva parigina al Centre Pompidou, la pittura dell’artista britannico sbarca in Laguna, protagonista di una esposizione che riunisce ottantadue ritratti e una natura morta. Fra humour e intimità.
Bisogna essere davvero un artista degno di questa etichetta per regalare alla ritrattistica una nuova sfumatura di senso. David Hockney(Bradford, 1937) è riuscito nell’impresa, approdando al secondo piano della veneziana Ca’ Pesaro con una galleria di ritratti – ben lontana dal tradizionale concetto di effigie – e confermando il suo decennale interesse per questo genere pittorico. Gli ottantadue ritratti che affollano le pareti del museo lagunare compongono un unico ciclo di opere, nell’ambito del progetto curato da Edith Devaney, Curator of Contemporary Projects della Royal Academy of Arts di Londra e destinato a fare tappa anche al Guggenheim di Bilbao e al LACMA di Losa Angeles dopo l’esclusivo debutto in Laguna.
FAMILIARITÀ E IRONIA
I soggetti immortalati da Hockney evocano una dimensione di familiarità che colpisce e avvolge, quasi invitando a mettersi a proprio agio fra quella moltitudine di sguardi. Variamente legate all’artista, le personalità ritratte durante sessioni di posa lunghe tre giorni occupano tutte la medesima sedia, orientata da Hockney in maniere diverse, nell’ottica di una precisa sequenza visiva e cronologica. Tratteggiati con il piglio netto che caratterizza la pratica dell’artista inglese, i personaggi sembrano inglobare il colore e restituirlo imbevuto di una nota psicologica individuale e unica. Da Gagosian a Baldessari, dalla governante agli amici di vecchia data, Hockney affianca a ogni figura un breve commento scritto, offrendo al pubblico un indizio ulteriore sull’identità di quei volti e quei portamenti e sul legame che lo unisce a loro. Il tutto condito da una humour sottile, che occhieggia tanto dalla parole quanto dai modi pittorici. A rendere ancora più originale la mostra l’unica natura morta, ritratta come variopinta “sostituta” di un soggetto assente.
UN INNO ALLA GIOIA DI VIVERE
Ne deriva un tripudio di colori e vitalità, che tuttavia affonda le radici in un evento drammatico – la morte di uno dei suoi assistenti – verificatosi nella vita di Hockney nel 2013. Eppure quella tristezza ben visibile nel primo ritratto si stempera lungo il cammino, tramutandosi in colore e in una sorprendente celebrazione dell’esistenza, rendendo questo ciclo di opere “un inno alla pittura e alla gioia di vivere, una lezione di valori positivi”, come sottolineato dalla direttrice dei Musei Civici di Venezia Gabriella Belli.
– Arianna Testino
Ca’ Pesaro
Santa Croce, 2076, Venezia
www.capesaro.visitmuve.it
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati