Tra astrazione e figurazione. Carlo Mattioli in Emilia Romagna
Un’antologica in tre diverse location – il Labirinto di Franco Maria Ricci, la Biblioteca Palatina di Parma e lo Studio Museo del pittore – rende omaggio alla straordinaria produzione di Carlo Mattioli a pochi mesi dalla pubblicazione del catalogo generale dei suoi dipinti.
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Contemplativo e un po’ schivo, amico intimo dei più importanti intellettuali, scrittori e poeti che negli anni del Dopoguerra resero Parma un centro culturale tra i più prestigiosi d’Italia, legatissimo alla famiglia, alla moglie e alla nipote in particolare, alle quali dedicò innumerevoli ritratti. Carlo Mattioli (Modena, 1911 – Parma, 1994) è stato una figura rilevantissima nel panorama dell’arte novecentesca ma, forse a causa del suo carattere riservato e poco incline a una facile gloria, non è noto quanto meriterebbe di esserlo.
L’amico Franco Maria Ricci ha deciso di allestire, presso gli spazi dedicati alle mostre temporanee e attigui alla sorprendente collezione, 57 dipinti realizzati da Mattioli tra il 1961 e il 1993, il periodo in cui l’artista si applicò con maggiore impegno alla pittura, dopo decenni passati a praticare freneticamente soprattutto il disegno (ciò gli valse, nel 1956, il “Premio internazionale per un disegnatore” alla Biennale di Venezia).
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Carlo Mattioli, Paesaggio, 1980
LE OPERE IN MOSTRA
Le opere provengono sia dallo Studio Museo – da un paio d’anni aperto al pubblico – sia da venticinque differenti prestatori. Alcune sono inedite o mai esposte da almeno trent’anni: la paziente e scrupolosa ricerca ha fatto sì che nelle sale della Masone siano stati riuniti, tra gli altri, ben cinque dipinti gravitanti attorno al tema del Cestino di Caravaggio, nonché quattro intensi e quasi monocromi ritratti di Giorgio Morandi, esposti per la prima volta uno vicino all’altro e in compagnia di altre “istantanee” di pittori tra cui Atanasio Soldati, con una sgargiante sciarpa gialla, Renato Guttuso, avvolto in una nube di fumo, Giorgio de Chirico, con il suo riconoscibile profilo. Opere che, come nei paesaggi, nelle sperimentazioni astratte, nei crocifissi commoventi, dimostrano una stretta vicinanza agli espressionisti americani, collocandosi però in un contesto strettamente italiano. “È stato un ponte tra arte italiana, europea e americana da una piccola città di provincia che, in quegli anni, era una sorta di capitale europea della cultura”, afferma il curatore Sandro Parmiggiani.
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Carlo Mattioli, Dal Cestino del Caravaggio, 1967
LE ALTRE DUE SEDI
Il percorso su Carlo Mattioli non si limita però alla sede principale, ma sconfina in Biblioteca Palatina e nel suo atelier. Tra gli antichi volumi sono esposte le produzioni dell’artista relative all’oggetto libro: fu infatti illustratore di classici per il concittadino Ugo Guanda – suo è il logo con la Fenice –, autore di alcune copertine, interprete per immagini di poesia e prosa le cui pagine sono ora affiancate ai disegni originali. Sconosciute e di grande interesse le tavole della sua attività di scenografo e costumista, con i loro toni sgargianti e il tratto vivace.
Infine, la casa e l’atelier, dove tutto è rimasto com’era al momento della sua scomparsa. Salvo, naturalmente, il riordino e la catalogazione dei dipinti (a breve prenderà avvio anche quella dei disegni) e, in occasione di questa mostra, un riallestimento completo dei lavori esposti sulle pareti, sui tavoli, appoggiati a terra, con un esito diverso rispetto a ciò che i visitatori hanno potuto vedere dal 2015.
– Marta Santacatterina
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