Artisti da copertina. Parola a PetriPaselli
Autore della nuova copertina del nostro magazine, il duo PetriPaselli racconta la storia di un’amicizia trentennale e di una passione per il collezionismo che supera qualsiasi convenzione. Senza dimenticare un nuovo progetto editoriale in arrivo.
Un fotografo e un ingegnere amici da trent’anni, Matteo e Luciano formano il duo PetriPaselli. Discepoli del pop a 360 gradi, nel loro lavoro la cultura popolare si declina in molte forme, con derive kitsch. Assidui frequentatori di mercatini delle pulci, collezionisti compulsivi di oggetti disparati e atipici, stanno per lanciare un nuovo progetto editoriale chiamato 99objects e fatto esclusivamente di immagini. Ogni numero trimestrale sarà basato su un oggetto. E nel corso della loro vita ne hanno accumulati a migliaia, tra francobolli, targhe, dipinti marini, tavole enciclopediche e posaceneri.
Che musica ascoltate?
Abbiamo gusti molto diversi…
I luoghi che vi affascinano.
I luoghi dove emergono realtà non convenzionali, visionarie, e in generale tutti quelli che hanno a che fare con l’archiviazione. Siamo assidui frequentatori di mercatini delle pulci.
Le pellicole più amate.
Il dormiglione, Life of Brian, I Goonies, E.T., Ogni cosa è illuminata. Ma, se ce lo chiedi domani, potremmo darti una risposta diversa.
Artisti (nel senso più ampio del termine) guida.
I primi esploratori, Luigi Ghirri, gli archivisti, Thorsten Brinkmann, i viaggiatori dei Grand Tour dell’Ottocento, Joseph Cornell, Elmgreen&Dragset, Olaf Breuning, Piero Fornasetti, Hieronymus Bosch, Walt Disney e Hayao Miyazaki.
Un fotografo e un ingegnere: cosa vi accomuna? Molte coppie nell’arte (alcune anche nella vita privata) si sono scoppiate, altre sono indistruttibili, Gilbert & George fra tutte. Che cosa rende solido il vostro legame artistico?
La nostra solidità nasce da un’amicizia che ci lega da trent’anni. Il nostro percorso artistico si è sviluppato sulle influenze e sulle esperienze comuni e nel considerare i differenti punti di vista come un valore aggiunto.
Avete intrapreso una ricerca sulla figura del “collezionista”. Mi ricorda, solo per fare un paio di esempi, la casa del collezionista di Elmgreen&Dragset di qualche Biennale fa o, sempre a Venezia, l’ultimo progetto di Damien Hirst sullo schiavo liberato e diventato ricco collezionista. Mi raccontate la vostra ricerca?
A noi non interessa il “ricco collezionista”. Ci interessa un collezionismo “minore”, popolare. Accumuli di oggetti atipici che creano mondi paralleli e danno una diversa lettura al mondo della quotidianità, quelli che indichiamo come collezionismi. Ogni collezionista/accumulatore ha regole proprie sia nello scegliere il materiale sia nell’esporlo; alcuni ne fanno mostra, altri cercano di proteggerlo, nascondendolo al mondo e a stento ne parlano, rimanendo in bilico tra collezionismo come hobby o come patologia.
Al momento state lavorando con Mario Turci, direttore del Museo Guatelli, che si trova nella campagna tra Parma e Reggio Emilia. Ettore Guatelli è stato un collezionista di arte popolare. Di che si tratta?
La nostra collaborazione è nata durante un seminario sulla cultura oggettuale e sul collezionismo. Abbiamo iniziato a lavorare su questi temi e a concentrarci anche sull’aspetto antropologico dei nostri lavori, cercando di approfondire il legame collezionismo-scienza. Legame che abbiamo indagato durante la nostra ultima personale a Bologna, da Adiacenze.
Siete voi stessi collezionisti compulsivi di varie tipologie di oggetti. Da cosa nasce questa passione e dove conservate tutti gli oggetti?
Nasce dalla nostra infanzia, dalle nostre famiglie. Siamo entrambi cresciuti tra farfalle, francobolli, targhe pubblicitarie, Buddha, gatti, dipinti di mare e tavole enciclopediche. Non potevamo crescere diversamente. Dove teniamo gli oggetti? Ovunque, lo spazio non è mai un problema se qualcosa ci appassiona!
Siete 100% pop, in un momento in cui gli artisti di nuova generazione lavorano molto o scimmiottano i codici artistici del passato, in particolare degli Anni Sessanta e Settanta.
Non sappiamo se definirci pop o meno. Abbiamo formazioni molto diverse, sicuramente non accademiche: Dams e Fotografia commerciale da una parte, ingegneria informatica dall’altra. Questa diversità e anomalia ci ha permesso di preservare il nostro lavoro da varie “mode” o influenze legate a un determinato ambiente.
State lavorando a un originale progetto editoriale: una rivista solo visiva. Un po’ alla Permanent Food / Toilet Paper. Prima uscita in autunno. Ogni numero verterà su un singolo oggetto da collezione. Di cosa si tratta?
99objects è un libro/rivista trimestrale fotografica, senza alcuna parola, che si concentra su un oggetto da collezione diverso ogni numero, mostrato in sue 99 declinazioni. All’interno ci saranno alcune pagine in cui l’oggetto interferisce con sfondi od oggetti scelti da noi. È il nostro intervento artistico che andrà a formare una serie di immagini fotografiche “fine art”. Essendo un progetto di ricerca molto ampio, stiamo costruendo un sito Internet dedicato che, nel tempo, raccoglierà materiali vari. Il primo numero sarà presentato a Bologna il prossimo ottobre.
Com’è nata l’immagine inedita che avete creato per la copertina di questo numero?
Una nostra passione sono le icone kitsch del quotidiano. Quello che cerchiamo nei nostri lavori sono cortocircuiti, capovolgimenti ironici di ciò che siamo abituati a vedere. La citazione pop de Gli Uccelli di Hitchcock è solo un caso.
– Daniele Perra
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #38
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