Oltre la superficie. Andrea Buglisi a Catania
BoCS, Catania – fino al 29 luglio 2017. Andrea Buglisi porta in Sicilia una mostra davvero “abrasiva”, che spinge lo sguardo in una girandola di cortocircuiti visivi e di attraenti non-sense.
Capace di “abradere”, far corrugare la fronte, meravigliare è l’ultima mostra personale di Andrea Buglisi (Palermo, 1974) in corso a Catania, presso BoCS. Se si dovesse spiegare Abrasiva con una citazione, calzerebbe a pennello quella celebre di Isidore Ducasse. A quell’incontro casuale tra un ferro da stiro e un ombrello su un tavolo da chirurgo si aggiungerebbe la perturbante mercanzia a basso costo dei rigattieri di Ballarò. Qui il pittore palermitano acquista e colleziona bric-à-brac, utensili usati e vecchie fotografie termostampate. Gli “scarti” della società del consumo, segnata da una bulimia di accumulazione, originano una moderna Wunderkammer pop, dove gli oggetti rimangono a sedimentare a lungo fino a una decontestualizzazione di matrice Dada.
La caustica strategia combinatoria nella ricerca artistica di Buglisi rivela un metodo d’indagine della realtà e ammicca all’illustrazione scientifica, all’advertising e al design. Mastica un immaginario condiviso e lo rigetta sotto forma di non-sense dipinti o plastici che attraggono l’occhio ma disorientano la mente. L’artista dipinge microcosmi rarefatti su fondi monocromi e con perizia da manuale di anatomia, che siano taglia-dita o rane intente a pescare cervelli.
CORTOCIRCUITI VISIVI
In Abrasiva, per la prima volta, Buglisi propone una collezione di object trouvé insieme a installazioni sitespecific. È sufficiente, a volte, un intervento impercettibile e sfacciatamente concettuale, come quello di staccare dal fondo di una cornice una testa di bambina in ceramica e collocarla parallela alla sua ombra. Il titolo, Ti ho portato sempre dentro di me, fa il resto e suggerisce l’ambivalenza umana di essere Cappuccetto Rosso e lupo.
Svuotamento di senso, riappropriazione e inversione di significato si ripetono a ogni atto creativo, senza perdere mai efficacia espressiva. Senza tralasciare di abradere. Ogni opera in mostra custodisce una narrazione d’immediata affabulazione ma di difficile discernimento. Monolocale, per esempio, è un teatrino borghese fatto di mobili giocattoli vintage “apparecchiati” su un’affettatrice elettrica da salumiere. Bisogna spingersi fino in fondo all’open space di BoCS per scovarlo, ma a far da filo di Arianna è il forte rumore metallico che esso sprigiona pervadendo l’intero volume dello spazio. L’arte di Andrea Buglisi genera continuamente nel pubblico un cortocircuito e lo conduce a guardare oltre la superficie delle cose. Anche se opaca, ruvida, abrasiva.
– Giusi Affronti
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