Sulle tracce di Morandi. Catherine Wagner a Bologna
MAMbo, Bologna ‒ fino all’ 8 ottobre 2017. Due sale del museo bolognese ospitano la mostra con cui la fotografa californiana Catherine Wagner si inserisce concettualmente nel rigoroso equilibrio della pittura morandiana.
In Situ: Traces of Morandi è strutturata in 21 lavori fotografici ‒ tutte stampe a pigmento ‒ realizzati tra il 2015 e il 2016, quale sintesi figurativa della residenza artistica di Catherine Wagner (San Francisco, 1953) a Bologna.
Laddove Giorgio Morandi indugiava nella luce satura, in cui lo spazio, risultante esperita dell’esistenza, si rapprende intorno agli oggetti, le nature morte di Catherine Wagner sono il risultato di una “compressione dello spazio e trasparenza della forma”, come sostenuto dalla stessa artista.
La trasposizione della sua natura schiva nella solenne monumentalità attribuita alla natura morta e la nitida “sospensione” temporale del maestro bolognese si riflettono ora in sagome simil velate ‒ quasi che l’opera di Catherine Wagner ne fosse il negativo ‒ con opachi campi di colore che sembrano voler evocare la scarna sobrietà di un’acquaforte, citando la sicurezza tecnica del Morandi-incisore.
Classificando metodicamente le sue opere in base ai gel colorati posti come filtri sulle luci in studio, la fotografa californiana ha poi rimarcato questo aspetto nei titoli, al pari di quelli didascalici usati da Morandi per le sue opere. Ne è nata la serie in mostra, Shadows, che è una raccolta fotografica di immagini dematerializzate, focalizzate sulle ombre proiettate dalle composizioni allestite per l’occasione.
IL CONFRONTO CON MORANDI
Se l’opera di Giorgio Morandi può risultare formalmente ripetitiva, poiché incentrata su un’alienante reiterarsi di oggetti umili, non si può non celebrarne il forte impatto poetico. Bottiglie, recipienti vuoti, pochi paesaggi e nessun elemento che predomini sugli altri: solo l’uso dei colori profila le ombre e le sporgenze. Perché, come scriveva Argan, “nulla è dato in sé, tutto per relazione”. Intorno a essi, l’alone morandiano di “finestre” silenziose aperte sul suo studio e sulla turrita città, che lo fecero approdare a una nuova concezione di spazio, osmotico e intriso di smarrimento metafisico.
E Catherine Wagner evoca questa lirica visione nell’aura vibratoria della luce opaca che alimenta la presenza dell’ombra, ponendo, quindi, l’accento sull’estetica dell’effimero e dell’intangibile.
L’esposizione si conclude con due suggestivi “landscape”, con cui Catherine Wagner ha reso omaggio al panorama che Morandi amava contemplare e dipingere dalle finestre della casa/studio estiva a Grizzana.
‒ Rossella Della Vecchia
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