Due artisti in dialogo. Hirte e Rantanen a Roma
Museo Pietro Canonica, Roma – fino al 23 luglio 2017. Due artisti internazionali innescano un dialogo tra le sale del museo capitolino. Nell’ambito di un progetto curatoriale dai risvolti davvero interessanti.
Se, pur lontani i fasti del Grand Tour, artisti provenienti da tutto il mondo continuano a puntare risoluti e meravigliati su Roma, sarebbe il caso di prenderne atto e in qualche modo verificarne i nuovi intenti, quindi tracciarne gli esiti: questo, in sintesi, lo spunto alla base della rassegna di arte contemporanea avviatasi nel 2016 e giunta alla sua seconda stagione, per la cura di Pier Paolo Pancotto, al museo Canonica (la fortezzuola, appunto), sontuoso museo comunale situato nel mezzo del parco di Villa Borghese.
Artisti di origini e attitudini diversi, ma generazionalmente vicini, si trovano così a operare nel contesto fortemente connotato della casa-studio di un celebrato scultore della Belle Époque (bella, va da sé, per chi aveva i mezzi per goderla), Pietro Canonica; tra busti di nobildonne e generali a cavallo, sparsi per gli spazi museali come una sorta di metafora frattale dell’ingombrante e insieme fascinoso passato artistico di cui la Capitale trabocca, i risultati di simili dialoghi-scontri artistici finiscono per risultare sempre quanto meno sorprendenti.
UN CONFRONTO RIUSCITO
Al momento, la sfida è portata avanti dal tedesco Benjamin Hirte (Aschaffenburg, 1980; vive a Vienna) e l’americano Chadwick Rantanen (Wausau, 1981; vive a Los Angeles), impegnati rispettivamente in un confronto-sovvertimento delle forme scultoree e l’idea di natura catturate dall’opera e l’abitazione di Canonica.
L’intervento consiste nella disseminazione da parte di Hirte di enigmatici corpi-volumi o sommessi giochi d’acqua contenuti in casse-fontane, cui fanno eco gli uccellini meccanici di Rantanen, con un’impressione complessiva di rinfrescante irriverenza verso gli spazi espositivi borghesi tanto cari al vecchio scultore. Ogni bellicosità o irrisione, in ogni caso, viene deposta dai due artisti nel confronto con la parte abitativa del museo, dove una serie di installazioni felicemente interstiziali negli arredamenti e ornamenti ridefiniscono con fare intimistico il rapporto tra pubblico e privato, aprendo al contempo a una nuova misura degli spazi e alla loro reinterpretazione, secondo una feconda strategia affabulatoria che abbiamo già avuto modo di segnalare altrove.
Un’operazione sicuramente suggestiva, nell’attesa della prossima puntata di Fortezzuola (a settembre, con Denis Savary).
– Luca Arnaudo
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