Fondazione Giuliani, Roma – fino al 14 luglio 2017. Simmetrie, dissolvenze, rimandi. Sprazzi di colore, geometrie, stampe. L’equilibrio compositivo di N. Dash per la prima volta in Europa.
Se c’è una dote che si deve riconoscere a N. Dash (Miami Beach, 1980) è sicuramente quella di saper distinguere l’essenziale dal superfluo. La sua è un’arte misurata. Elegante. Pur muovendosi tra pittura, scultura, fotografia (lavori su carta), e nonostante l’utilizzo di differenti materiali, il risultato è sempre una piacevole quanto rilassante esperienza visiva. Il concetto minimalista di questa grande giovane artista americana parte sempre da una narrazione. Dalla straordinaria capacità di mixare elementi, riuscendo sempre a riportare l’ordine dal caos. La sua trama narrativa è densa e fitta di storia. Oltre alla storia personale dell’artista, vi è quella dei singoli elementi compositivi. Non a caso Dash li sceglie con estrema cura. In un discorso complesso, profondo, esistenziale. Ogni opera è una vera e propria costruzione. Sin dalla manipolazione degli elementi. Le parti di tessuto vengono fotografate e archiviate. E poi riprese (nelle serigrafie). La fotografia evidenza i dettagli, aggiunge vita, senso, spessore.
N. Dash, Untitled, 2017 (detail), Silkscreen ink, adobe, jute, wood support, photo Jean Vong, Courtesy the artist, Casey Kaplan Gallery, New York, and Mehdi Chouakri, Berlin
UN LUNGO PROCESSO CREATIVO
Le opere esposte sono state volutamente create per gli spazi della Fondazione Giuliani e si collocano in maniera impeccabile negli ambienti. In questo contesto l’artista ha trasferito la propria esperienza personale, annullando ogni distanza tra il vissuto e il suo racconto. Questi due momenti dell’esistenza si compensano sulla stessa linea temporale. Dash utilizza materiali organici come l’adobe, pigmenti naturali e juta. Elementi vivi che manifestano già in partenza lo scorrere del tempo. E li inserisce in una serie di pannelli. Questi ultimi sono la messa in scena delle complesse costruzioni minimaliste. Ogni opera diventa la risultante di un lungo processo creativo, la somma di numerosi livelli. La singola opera si muove sempre a metà tra il dipinto e la scultura, in un discorso narrativo di sintesi e totalizzante, nell’alternanza dei piani prospettici e delle possibilità di lettura.
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N. Dash Untitled, 2017, adobe, graphite, string, gesso, jute, wood support, photo Jean Vong, Courtesy the artist, Casey Kaplan Gallery, New York, and Mehdi Chouakri, Berlin
UN’ARTE NON BANALE
Paesaggi geometrici, equilibri dinamici, geometrie architettoniche diventano la testimonianza visiva di un’esistenza segnata dal tempo. Gli sfondi monocromatici sono interrotti da sprazzi di colore, trame e sovrapposizioni. La fitta rete di collage tesse forme, rimandi, incastri. Il bianco e il nero vengono scissi dai dettagli color corda, dalle linee turchesi, dalle tenui sfumature di rosa. L’intelligenza di Dash è sicuramente quella di saper interrompere la rigidità senza andare a scapito della ripetitività. L’approccio materico conferisce movimento, nobile semplicità e quieta grandezza. Solo in una mente sgombra da qualsiasi confusione si può venir invasi dalla potente presenza della vita.
– Michele Luca Nero
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Michele Luca Nero
Michele Luca Nero (Agnone, 1979), figlio d’arte, inizia a dipingere all’età di sei anni. Una passione ereditata dal padre, Francesco, insieme a quella teatrale acquisita dal nonno, Valentino, poeta e drammaturgo riconosciuto a livello internazionale. In pochi anni ha curato…