Il progetto americano Condo sbarca in Germania, a settembre fra Colonia e Düsseldorf
Dopo la prima edizione newyorkese, in corso fino al 28 luglio, questa “fiera underground” dell’arte contemporanea arriva anche in Germania, dove coinvolgerà nove gallerie. Condo funziona così: galleristi locali mettono a disposizione gli spazi a gallerie internazionali in trasferta. Diventando un condominio dell’arte.
Nato a Londra nel 2016, il progetto Condo prende nome dal termine “condominium”, e può essere descritto come una grande collettiva di gallerie internazionali in trasferta all’estero, grazie alla “solidarietà” fra colleghi. Infatti, gli spazi sono messi a disposizione dai galleristi locali, in quello che diventa un ”condominio” condiviso dell’arte contemporanea. L’iniziativa incoraggia il confronto con modus operandi differenti, la valutazione dei modelli esistenti, unendo le risorse e agendo comunemente per proporre un ambiente più favorevole alle esposizioni sperimentali di gallerie che avranno luogo a livello internazionale.
L’ESPERIENZA NEWYORKESE
Dopo il successo dell’edizione inglese – nella quale, dal 16 gennaio al 13 febbraio 2016 otto gallerie londinesi hanno ospitato 24 colleghi da USA, Sudamerica, Europa Settentrionale e Cina -, l’idea è stata ripresa a New York, dove la rassegna è in corso di svolgimento. L’idea è venuta a Simone Subal, proprietaria di una piccola galleria e consapevole di poter reggere difficilmente la concorrenza delle realtà più affermate (ed economicamente più solide). E in collaborazione con Nicole Russo di Chapter NY, ha lanciato un appello ai suo colleghi affinché s’impegnassero a fornire gli spazi espositivi a costi minimi, solo per coprire le spese di installazione e astenendosi dal chiedere commissioni per le vendite effettuate nel corso della rassegna. Alla fine, in 16 hanno risposto all’appello, e l’elenco comprende gallerie di Chelsea e del Lower East Side, fra cui l’Enterprise di Gavin Brown, Bridget Donahue e Andrew Kreps.
UNA FIERA UNDERGROUND
Alla base di CONDO, la constatazione che nel mondo esiste una realtà molto dinamica, nel campo dell’arte contemporanea, fatta di piccole gallerie d’arte alle quali può essere utile una “rete aziendale” che permetta di espandere la loro visibilità nel mondo. Da qui, l’idea di coinvolgerle in un progetto di scambi e collaborazioni, che permetta di abbattere i costi e aumentare gli affari. Come ha dichiarato Subal ad Artnews “si è creato in maniera naturale un dialogo molto proficuo, che ha dato vita a collaborazioni interessanti”. Alcune gallerie hanno chiesto di condividere lo spazio con espositori provenienti da una regione specifica – ad esempio, la Simon Preston Gallery sta ospitando le gallerie Jacqueline Martins e Proyectos Ultravioleta, entrambe provenienti dal Sud America. Altre, invece, hanno scelto gallerie con cui già avevano buone relazioni. Fra le varie collaborazioni, Metro Pictures ospita Leo Xu di Shanghai, Bodega ospita Croy Nielsen di Vienna, Bridget Donahue ospita Project Native Informant di Londra, e Simone Subal ospita Tanya Leighton di Berlino e Gregor Staiger di Zurigo.
IL DEBUTTO TEDESCO
Il buon successo di pubblico, e la possibilità di stringere relazioni con le gallerie straniere (in un’ottica di reciprocità), ha indotto anche la scena tedesca a seguire l’esempio. E dall’8 al 30 settembre prossimo, nove gallerie di Colonia e Düsseldorf ne ospiteranno 17, provenienti da tutto il mondo. Fra le varie collaborazioni, Delmes&Zander, di Colonia, offrirà i suoi spazi prima alla Neue Alte Brücke di Berlino, e successivamente alla Galerie 1900-2000 di Parigi; Lucas Hirsch (di Düsseldorf) darà ospitalità a Stereo di Varsavia e Lomex di New York, mentre Max Mayer di Düsseldorf accoglierà Miguel Abreu di New York e Misako&Rosen di Tokyo. Un’iniziativa che contribuisce a mantenere vivace la scena di quelle gallerie che, pur non disponendo di budget particolarmente ampi, sono comunque gestite con intraprendenza e curiosità, permettendo a molti talenti non ancora noti di farsi conoscere nel mondo dell’arte, svolgendo il mestiere anche con un po’ di mecenatismo, senza gli eccessi patinati delle majors.
– Niccolò Lucarelli
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