“Quelle installazioni sono abusive”. La burocrazia s’accanisce sul Farm Cultural Park di Favara
Fa discutere l’Ordinanza per occupazione abusiva di suolo pubblico giunta alla Farm Cultural Park, centro culturale di fama internazionale che sorge a Favara, in provincia di Agrigento. Nonostante sia stata presentata una richiesta per installare due strutture all’interno dell’area della Farm, il Comune ha dato 90 giorni di tempo per procedere alla loro rimozione.
Esiste un luogo in Sicilia diventato famoso a livello internazionale, un case study di rigenerazione urbana e sociale diventata realtà grazie all’azione catalizzatrice della cultura. Si tratta del Farm Cultural Park, un centro culturale che si trova a Favara, paese in provincia di Agrigento noto in passato per episodi legati all’abusivismo edilizio e a una tragedia avvenuta nel 2010 che ha visto la morte di due bambine a causa del crollo di una palazzina fatiscente del centro storico. A pochi mesi dal triste episodio, gli edifici abbandonati e pericolanti della vecchia area del paese, ormai destinati a essere rasi al suolo, diventano invece protagonisti di un’inaspettata rinascita, attraverso i lavori di recupero che vedranno presto la riqualificazione dell’intera area chiamata Sette Cortili. Il coraggioso progetto è opera di Andrea Bartoli e Florinda Saieva, notaio e avvocato uniti anche nella vita privata, che hanno deciso di investire risorse ed energie in un territorio su cui nessuno avrebbe mai scommesso, riuscendo a farne in pochi anni uno dei centri culturali più attivi a livello internazionale, attraverso il coinvolgimento di artisti, musicisti, urbanisti, studiosi di ogni ambito del sapere, ma soprattutto riuscendo a portare alla Farm ogni anni più di 120 mila visitatori, rendendola una delle mete turistiche di maggiore attrattiva.
L’ORDINANZA PER OCCUPAZIONE DI SUOLO PUBBLICO
Si tratta senza dubbio di una storia a lieto fine, dove la volontà del cambiamento, la lotta all’illegalità e una lungimirante azione culturale condotte da soggetti privati hanno portato a creare una realtà dalla quale, oggi, deriva gran parte dell’attività economica e turistica di Favara. Non senza qualche contraddizione però. Risale, infatti, a pochi giorni fa un’Ordinanza del Comune di Favara contro la Farm, per la rimessa in pristino dello stato dei luoghi. In parole semplici, due strutture recentemente installate all’interno della Farm – la prima chiamata Equi-latera, un padiglione in legno realizzato prendendo spunto dalla tesi di laurea di tre studenti del Politecnico di Milano, la seconda Butterfly Home – sono state bollate come abusive, con relativo ordine di rimozione entro 90 giorni. Ma il paradosso nasce dal fatto che Bartoli, per l’installazione di queste strutture, aveva chiesto il nulla osta alle autorità competenti ben tre mesi fa, oltre ad aver presentato una regolare denuncia di occupazione generale di spazi e aree pubbliche, corrispondendo la relativa tassa di cui lo stesso Bartoli ha pubblico il bollettino di pagamento su Facebook.
LA RICHIESTA PER INSTALLARE LE OPERE E LA MANCATA RISPOSTA
Del nulla osta richiesto tre mesi fa, alla Farm non è mai giunta risposta, però è arrivata a sorpresa l’ordinanza per abusivismo: “ho saputo dell’Ordinanza tramite un giornalista, non ne sapeva nulla nemmeno il sindaco, tra l’altro a noi non è stato ancora ufficialmente comunicato”, racconta ad Artribune Andrea Bartoli. “Lo stesso tecnico che avrebbe dovuto rilasciarci l’autorizzazione ci ha mandato invece l’Ordinanza. Anche in passato, tutte le volte che abbiamo presentato richieste di questo tipo abbiamo sempre dovuto aspettare o avuto i permessi fuori dai termini. Intanto abbiamo pagato il suolo pubblico e iniziato a installare le strutture che sono temporanee e facilmente rimovibili in poche ore, e abbiamo anche dato comunicazione di questa operazione, ma non abbiamo ottenuto riscontro. In compenso però è arrivata l’Ordinanza”.
IL FUTURO DELLA FARM
“Questo sistema e gli scogli burocratici mettono nelle condizioni di non fare le cose o di farle in maniera irregolare”, continua rammaricato Bartoli. “Il problema non è la Farm, ma l’atteggiamento della burocrazia che ostacola le iniziative dei cittadini. Abbiamo 90 giorni per smontare le installazioni, ma noi già da adesso abbiamo indetto un evento: se le cose non dovessero cambiare, tra tre mesi chiuderemo la Farm. La nostra è una piattaforma di cambiamento, anche nel modo in cui si opera nel nostro paese. Ma se i risultati sono questi, vuol dire che non siamo riusciti a ottenere il risultato prefitto”. Alla domanda su cosa sarà della Farm se la situazione non dovesse cambiare, così risponde Bartoli: “potremmo decidere di smontarla e aprirla altrove, il senso della Farm non è nella struttura fisica, ma il nostro valore sono le persone e le idee. Abbiamo portato cultura, educazione, economia, turismo in un posto che fino a poco tempo fa non era conosciuto da nessuno. Siamo in pieno principio di sussidiarietà riconosciuto dalla Costituzione, e lo Stato deve ascoltare e sostenere l’attivismo dei cittadini. Ma noi non ci arrendiamo: continueremo con le nostre attività e accoglieremo le tante persone che ogni giorno vengono a trovarci”.
– Desirée Maida
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