Ai Weiwei lancia una campagna per raccogliere fondi per la sua mostra di arte pubblica a New York
L’artista e attivista cinese più famoso del pianeta ha lanciato una campagna su kickstarter per raccogliere i fondi necessari per la mostra di arte pubblica in programma a New York da ottobre a febbraio. Più di 300 spazi coinvolti per la grande mostra diffusa che affronta il tema dei migranti. Ovviamente in chiave anti-Trump…
Ai Weiwei (Pechino, 1957) torna ad occuparsi di migranti, ormai da tempo suo cavallo di battaglia. Dopo la mostra di Firenze, la grande installazione di manichini gonfiabili a Praga, la galleria newyorchese trasformata in lavanderia per accogliere centinaia di abiti di rifugiati, i giubbotti di salvataggio esposti a Berlino, l’artista ed attivista cinese più famoso del pianeta torna a New York con un imponente progetto di arte pubblica diffusa per la città in 300 siti collocati nei cinque i distretti. E mentre divampa come sempre la polemica tra chi ne loda le intenzioni e chi invece accusa l’artista cinese di utilizzare un tema così complesso e delicato per raggiungere fama e soldi, Ai Weiwei, in collaborazione con Public Art Fund, ha lanciato una campagna su Kickstarter per realizzare il progetto intitolato Good Fences Make Good Neighbors.
LA RACCOLTA FONDI
La campagna lanciata su Kickstarter, il più importante sito web di finanziamento collettivo per progetti creativi del mondo, ha la durata di un mese e si concluderà agli inizi di ottobre a ridosso dell’inaugurazione della mostra prevista da ottobre 2017 a febbraio 2018. L’obiettivo è raccogliere 80.000 dollari da investire nel progetto espositivo. Cifra decisamente alla portata visto che la campagna di finanziamento è partita da pochi giorni e sono stati già raccolti oltre 30.000 dollari. Complice la fama di Ai Weiwei che sulla sua esperienza di attivista e dissidente, sgradito al governo cinese, controllato, perseguitato, osteggiato, imprigionato, Ai Weiwei ci ha costruito volente o nolente una carriera.
IL PROGETTO ESPOSITIVO
Il titolo della mostra, Good Fences Make Good Neighbors (“Buone recinzioni fanno buoni vicini”) deriva da un verso della poesia Mending Wall, pubblicata nel 1914 da Robert Frost. In aperta polemica con Donald Trump e con le sue posizioni sull’immigrazione, Ai Weiwei prevede di erigere più di 300 opere d’arte dislocate in tutti e cinque i distretti di New York, che affrontano il problema della crisi migratoria e riflettono su divisioni, muri e barriere. Cuore del progetto sono alcune grandi installazioni site-specific in luoghi strategici della città come Central Park, Washington Square Park e il monumento Unisphere. Interventi più piccoli in 2D e 3D sono, invece, previste in luoghi pubblici come le fermate degli autobus, gli spazi per le affissioni pubblicitarie, edifici e perfino sui lampioni. L’idea è quella di dar vita ad una mostra che sia accessibile a tutti, senza filtri né mediazioni, in una città come New York iper popolata e meta per milioni di turisti. Il palcoscenico perfetto per un nuovo, artefatto evento mediatico.
LE PROTESTE
Esplodono, nel frattempo, le polemiche da parte di coloro che considerano il progetto espositivo troppo invasivo nei confronti dello spazio pubblico della città. La Washington Square Association, ad esempio, ha invitato la Public Art Fund che finanzia la mostra a ritirare la proposta di posizionare una grande scultura al di sotto del arco di Washington Square Park. È la prima volta nei 125 anni dalla costruzione dell’arco, sostengono i detrattori, che viene modificato l’aspetto di quello che è diventato uno dei monumenti più conosciuti di New York.
– Mariacristina Ferraioli
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