Fra tempo e natura. Giuseppe Ciracì in Puglia
Torre Aragonese, Torre Guaceto ‒ fino al 10 settembre 2017. Giuseppe Ciracì presenta un nuovo ciclo di opere nella riserva del brindisino. Sottolineando il legame tra la propria poetica, la storia e l’universo naturale.
Accade che la Puglia, tra il suo sole e il suo mare, offra, come dimostra un’inclinazione alla cultura contemporanea che si va consolidando con il tempo, esposizioni d’arte tra sedi istituzionali e antiche vestigia in paradisi naturali. Infatti, dopo l’allestimento de Il tempo della Natura, a cura di Antonella Marino e Francesco Paolo de Ceglia, nell’atrio del Centro polifunzionale per gli studenti dell’Università di Bari, l’artista brindisino classe 1975 Giuseppe Ciracì presenta il nuovo ciclo di opere Azzurro cielo nella riserva protetta della storica torre costiera di Torre Guaceto. Ciracì chiude in tal modo un ciclo di lavori, iniziato nel 2011, che si concentra sullo studio anatomico fisico e psichico del corpo umano e sulla relazione con l’ambiente che lo circonda.
“Su queste pagine, consumate dal tempo, racconto storie, disegno corpi, proprio come l’intreccio degli ulivi sono persone, figure viventi, corpi che esprimono gesti, muscoli e braccia protese verso il cielo; respirano con il vento, abbracciano e nutrono, soffrono alle mutilazioni e agli espianti, godono se restano a casa, tra i loro famigliari, nella terra loro”, afferma Ciracì, il cui sistema artistico è costituito da un processo rigoroso, un insieme di sovrapposizioni e sapienti assemblaggi, giochi di raffinati chiaroscuri in cui la matita imprime sulla carta poetici effetti tridimensionali.
AL COSPETTO DI LEONARDO
Nelle opere del Ciclo di Windsor, tratte dallo studio del corpus di Leonardo da Vinci, al centro delle rappresentazioni abitano volti o squarci di corpi che vengono accostati a riproduzioni tratte dalle pagine leonardesche, lasciate esposte dall’artista al sole e alla pioggia della Puglia per mesi, restituendole in questo modo alla natura. L’intima riflessione sui rapporti tra arte, uomo e natura si ritrova anche nella nuova serie intitolata Azzurro cielo. “L’artista” – come scrive Francesco Paolo de Ceglia, docente di Storia della Scienza all’ateneo barese e co-curatore della mostra – “ha esposto alle intemperie un suo vecchio libro di Storia dell’Arte, le cui immagini sono state letteralmente ricolorate dai fenomeni atmosferici”. In qualche modo il cielo entra e s’impossessa delle pagine, selezionandole una a una, regalando a ciascuna di esse una gradazione diversa del suo colore, componendo un’eterea sinfonia. Il modus operandi è quello consolidato dei suoi collage, sapientemente costruiti nei riferimenti colti ai maestri del passato, che costituiscono un modello di riferimento diretto ed evidente a partire da Leonardo e nell’eleganza dello stile, tutto rivolto al confronto con la grande tradizione della storia del disegno e della pittura, come sostiene Massimo Guastella, docente di Storia dell’Arte Contemporanea dell’Università del Salento, ordinatore della mostra e il cui testo critico, assieme a quello scritto da Antonella Marino, accompagna il depliant della mostra, descrivendo l’ispirazione e il senso del nuovo ciclo dell’artista.
UNA MAPPATURA UNIVERSALE
Caratterizzato da sovrapposizioni e assemblaggi a più livelli di strati di carta trovati, stressati, incollati e unificati con acetati trasparenti e impressionati attraverso interventi chirurgici con la grafite, e incisioni con il cutter, il lavoro di Ciracì gode di una assoluta indipendenza di percorso e di poetica. L’immagine adoperata resta fuori da ogni memoria celebrativa, benché appartenente al mondo reale, alla sfera degli affetti e della partecipazione emotiva o quotidiana, e non si riduce mai a puro involucro. Lavora sul tempo della storia e sul tempo della natura l’artista pugliese. E in tale prospettiva la questione del tempo s’intreccia con quella concernente la forma, dando vita a costruzioni di spazi che si costringono e si allargano sulla carta, sul foglio, sulla pagina, su documenti di archivio, per indagare, nel loro insieme, una mappatura universale che ci parla di scienza, di tecnica, di materiali e di racconti privati, tra periodicità e multidimensionalità.
Ricalcare, copiare, riformulare, assemblare, sovrapporre, rallentare, accelerare, sintetizzare, disegnare e creare le immagini. Questa è la vocazione all’analisi, alla decelerazione, all’emersione dei materiali, e l’attitudine dell’opera di Giuseppe Ciracì, che in tal modo si colloca in una dimensione altra, forse astorica ovvero nel mezzo dei tempi e degli spazi, lasciando le sue tracce sulla superficie pellicolare dell’opera per giungere al cuore del medium pittorico e al cuore di chi guarda.
‒ Martina Cavallarin
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