Visioni incise. Tre mostre al mitico Istituto Centrale della Grafica
Calcografia, Roma – fino al 26 agosto 2017. Tre mostre sono allestite nella settecentesca istituzione, oggi fusa con il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe. Un luogo di custodia, diffusione e valorizzazione della grafica d’arte, da cui sono passati grandissimi artisti e incisori. Tre artisti italiani si media generazione raccontano qui la bellezza del segno inciso, tra magie visionarie, virtuosismo tecnico, riferimenti mitologici e letterari.
Fra i più antichi e prestigiosi templi europei dell’incisione, l’Istituto Centrale della Grafica custodisce un tesoro straordinario, composto da centinaia di matrici, stampe, disegni d’epoca. Perentoria Figura, a cura di Gabriella Bocconi e Rita Bernini, unisce oggi tre personali di tre noti incisori, docenti delle Accademie di Belle Arti di Roma, Macerata, Frosinone: opere più o meno recenti, in dialogo con alcune perle della collezione. E le ‘figure’ del titolo sono tracce sulla lastra, immagini cercate nel vigore dell’inchiostro e del solco, oppure segni musicali, laddove la scrittura incisa si fa – simbolicamente – partitura.
LELARIO, ASTRAZIONI COSMOLOGICHE
Andrea Lelario (Roma, 1965), che accosta qui i suoi mix di acquaforte, puntasecca, bulino e grafite ad artisti come Hans Hartung e Luigi Bartolini, dispiega uno spettacolo notturno, crepuscolare. Là dove la natura è grembo misterioso, macchina metafisica, jungiana, astronomica, desiderante e lirica. Il viaggio si consuma fra scorci di boschi e geometrie lunari, orizzonti lunghi puntellati di parole, intrecci di sinapsi, ombre, appunti illeggibili e presenze minute che diventano tessiture.
Sapiente la gestione dei livelli, delle zone di buio e di quelle radiose, dell’emotività diffusa ma mai ecceduta, insieme al rigore formale che spinge verso l’astrazione. Tutto si tiene, nel segno di un romanticismo dolce. Sguardo puntato, saggiamente, all’universale: quel che serve, quando il gesto s’accosta alla poesia.
PARISI, IL TESTO SACRO E IL SEGNO VISIONARIO
Il tratto scabro, contrastato e netto delle xilografie di Francesco Parisi (Roma, 1972) è al servizio di una figurazione che attinge dal mito, lungo i sentieri di una spiritualità fuori dal tempo: fiabe mistiche, allucinazioni, allegorie ed estetismi visionari, l’erotico, il fascinans e il tremendum, il bestiale, il divino e il luciferino, in una successione di tavole che illustrano testi memorabili, dall’ebraico Lamed Vav alla novella ottocentesca The Great God Pan, passando per il Cantico dei Cantici. Letteratura dell’origine, tradotta nel segno contemporaneo di chi si muove sulla soglia: tra il lusso della tradizione e la sfida al presente, tra il culto del racconto e il superamento della visione.
Il cotè oscuro di Parisi, con la cifra tagliente dei suoi corpi nudi, ruba dall’illustrazione underground, dal fumetto, dall’Art Nuveau di un maestro come Cambellotti, dalla fisicità inquieta di simbolisti e preraffaelliti, arrivando fino a Dürer, di cui è esposto uno splendido San Giovanni che divora il libro dell’Apocalisse.
DI SCIULLO, DE RERUM NATURA
Trasudano magia le incisioni (bulino, acquaforte, puntasecca) di Patrizio Di Sciullo (Fallo, Chieti, 1965), fatte di concrezioni, maglie, trame, strutture plastiche. La natura resta il centro. Arbusti, tavole anatomiche, stelle marine, forme matematiche, pesci, granchi, pieghe di mani: in questa scrittura minuziosa si rivela una preziosità spinta al limite, nella meccanica perfetta di un insetto, nel guscio cesellato di una conchiglia, nelle infinite variazioni arboree di un atlante botanico e sentimentale. Natura contemplata, analizzata, immaginata. Che dal micro di uno scheletro di riccio, al macro del Colosseo visto dall’alto di Piranesi, si nutre di corrispondenze segrete. Fiaba, scienza, architettura. E ogni cosa trasmuta, si lega, si slega, si riproduce, affonda e riaffiora. Storie di sogni, come di segni.
– Helga Marsala
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