I morbidi confini di Rowena Harris. A Roma
The Gallery Apart, Roma ‒ fino al 22 dicembre 2017. Tra la materialità dell'opera e l'intangibilità del digitale, Rowena Harris espone fotografie, video e sculture. All’interno della mostra “Soft Boundaries”.
Una mostra personale che è anche un piccolo saggio di antropologia. Rowena Harris (Norfolk, 1985) indaga il processo evolutivo che stiamo costantemente vivendo, una meta-realtà fluida e in perenne movimento, un processo veloce e inevitabile.
I mezzi digitali odierni cambiano la nostra percezione, ma questo lo hanno fatto anche tutti gli altri strumenti tecnici venuti prima di loro: la Harris vuole dire altro. L’artista sottolinea il fatto che corpo analogico e corpo digitale s’intrecciano, ingarbugliando la percezione della realtà quotidiana, non semplicemente cambiandola, piuttosto confondendola. Una riflessione scevra da qualsiasi giudizio negativo.
Questo adattamento percettivo rimane però ancora legato al corpo ‒ tema cardine per la Harris ‒, anello di congiunzione nel quale s’incontrano tecnica e coscienza, mezzo e immagine. Nonostante tutti i dispositivi con i quali oggi siamo in grado di immagazzinare le immagini, sono soltanto l’uomo e la donna, in quanto corpi umani, i luoghi in cui queste ultime trovano una spiegazione e un significato naturale.
Nella serie di sculture At the Edge of the Frame, composta da scarpe in calcestruzzo, la Harris gioca con la nostra comprensione dell’immaginario digitale in contrapposizione alla materia delle “sculture”. Il video A room within which the computer can control the existence of matter riflette sulle potenzialità dell’esperienza digitale di riformare il modo in cui comprendiamo il nostro corpo umano.
– Mattia Andres Lombardo
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