Prima intervista a Sarah Cosulich e Franco Bernabè che raccontano come sarà la Quadriennale
Molti elementi sono ancora top secret, ma due punti sono fermi: La Quadriennale avrà una vocazione internazionale e durerà tutto l’anno. Ce lo siamo fatti raccontare da presidente e neo-direttrice.
È stata appena nominata direttore artistico de La Quadriennale di Roma che aprirà le porte nel 2020 Sarah Cosulich. La notizia è freschissima e segue i colloqui tra i candidati e la commissione composta dal Presidente de La Quadriennale Franco Bernabé dal direttore generale della Quadriennale Ilaria Della Torre e poi dai consiglieri Umberto Croppi e Cristiana Collu. La Cosulich, che come gli altri candidati aveva concorso al bando pubblicato lo scorso 15 maggio e che Artribune dava come favorita, l’ha spuntata prima su un elenco di ben 116 proposte, poi su una shortlist di sei candidati. Ma come sarà la sua Quadriennale? Metterà al centro gli artisti e avrà una dimensione internazionale, il che costituisce una novità per una mostra che ha al cuore della missione l’arte italiana. In che modo? Ne abbiamo parlato con la neo-direttrice, che prenderà “servizio” a partire da gennaio 2018, e con il presidente Franco Bernabé.
Sarah, che tipo di progetto hai presentato? Quale è stato il punto di partenza?
La Quadriennale richiedeva un bando che non si limitasse alla curatela, ma a rendere l’istituzione attiva tutto l’anno in continuità con il rilancio già avviato nella precedente edizione. Ho deciso di partecipare con una idea molto precisa ed un programma mirato a sviluppare opportunità per il sistema dell’arte italiano e i suoi artisti. Sono partita da una riflessione sull’attuale situazione, da una analisi specifica che riguarda le opportunità ma anche le difficoltà che vivono oggi gli artisti in un’ottica propositiva.
Come hai lavorato quindi a partire da questa riflessione?
Ho pensato a un progetto che si sviluppa in tre macro-aree di intervento che vanno a rafforzare in modo differente ambiti della produzione, ricerca e circolazione dell’opera d’arte. La missione rimane quella dell’arte italiana e i protagonisti restano gli artisti, con l’obiettivo di creare però intorno a loro una rete di sostegno che favorisca una visibilità internazionale. Conoscendo la situazione attuale è necessario costruire una strategia corale, cosa che il mio progetto ha cercato di fare. La Quadriennale infatti può dare un contributo fondamentale come anello di congiunzione sul territorio, punto di contatto con l’estero, con attività complementari rispetto a quelle delle istituzioni già esistenti o in affiancamento.
Ma nel senso che deve diventare una sorta di agenzia?
Agenzia non è la parola giusta. Sicuramente un punto di riferimento. Un’istituzione che lavori per l’arte italiana in modo continuativo sul territorio locale, nazionale e internazionale, che avvii iniziative di dibattito e scambio, di mappatura e ricerca, tutte energie che possono diventare parte del percorso verso la mostra finale. Obiettivo centrale rimane la mostra del 2020.
Hai un curriculum molto articolato: hai collaborato con istituzioni, gallerie, fiere. Che tipo di apporto pensi di portare alla Quadriennale? Su che team potrai contare?
Penso che il mio profilo eterogeneo costituirà un punto di forza anche nel dialogo con gli artisti che rimangono al centro di tutto il mio lavoro, ma anche per tutte le altre realtà, spazi, gallerie, accademie, musei, istituzioni che concorreranno a dare forza al progetto. Sicuramente potrò contare sul team avviato della Quadriennale, ma si coinvolgeranno anche professionalità esterne per garantire eccellenza, completezza e pluralità ad ogni iniziativa. Il mio ruolo è curatoriale, ma anche gestionale e strategico: sono consapevole di quanto sia importante costruire una pluralità di voci, approcci e sguardi che concorrano a perseguire nel modo più efficace possibile la missione della Quadriennale nei confronti dell’arte italiana.
Sei stata per cinque anni direttore di una fiera, Artissima. Come cambierà il tuo modo di lavorare in questa nuova esperienza?
Ciò che le esperienze precedenti mi hanno insegnato è di lavorare in modo mirato mantenendo però sempre una visione a lungo termine. Poi fa parte della professionalità di un curatore il sapere adattare il proprio apporto a seconda di quello che è il soggetto con cui ci si confronta. Tornare ad un ruolo curatoriale significa essere più coinvolti nella ricerca, nel dialogo con gli artisti, nel rapporto con le opere. Sono tutti stimoli ed energie fantastiche, necessarie per dare forma concreta a questo entusiasmante progetto.
Presidente, cosa ha fatto la differenza nella scelta del progetto di Sarah Cosulich? Cosa ha convinto maggiormente la Commissione?
Ciò che ha convinto di più la commissione è stato l’articolazione del piano di lavoro per il prossimo triennio presentato da Sarah Cosulich. In particolare la combinazione tra attività di esplorazione del panorama italiano fatta a partire dall’Italia e un lavoro analogo fatto però a partire dall’estero. L’obiettivo è quello di arrivare alla prossima Quadriennale d’arte avendo già creato per gli artisti italiani un livello adeguato di riconoscibilità internazionale. Presenteremo il progetto, dopo tutte le opportune verifiche, entro la primavera 2018.
Quali elementi di continuità avete riscontrato circa il rilancio già avviato nell’edizione precedente della Quadriennale?
La programmazione 2018-2020 manterrà un approccio pluralistico, orientato al confronto, allo scambio di idee e apporti tra le diverse professionalità e sensibilità che interagiscono nello studio e nella valorizzazione della cultura visiva contemporanea. Per quanto riguarda la promozione internazionale, la 16a Quadriennale è stata preparata in uno spazio di tempo troppo breve per una manifestazione che ha l’ambizione di creare una piattaforma efficace per la valorizzazione all’estero dei nostri artisti. Però ci è servita per creare le condizioni operative e per avere parte delle risorse economiche da destinare al prossimo evento. Purtroppo salvo un paio di movimenti artistici degli ultimi cinquant’anni oramai storicizzati, l’arte contemporanea italiana non gode all’estero della visibilità che merita, costringendo tra l’altro spesso, artisti e curatori ad emigrare. Noi vogliamo che l’arte contemporanea italiana goda dello stesso prestigio di cui godono la nostra storia artistica e molti aspetti della nostra cultura materiale.
Nel progetto della Cosulich si parla molto di favorire connessioni tra gli artisti italiani e l’ambito internazionale. Lei conosce molto bene il sistema dell’arte: qual è dal suo punto di vista lo stato dell’arte italiana oggi? Che tipo di difficoltà affrontano gli artisti?
Altri paesi mettono a disposizione degli artisti importanti strumenti di promozione che in Italia non ci sono e non possono essere creati per mancanza di risorse pubbliche. Ma in Italia anche il circuito dell’arte alimentato da risorse private ha dimensioni molto più modeste. Negli anni più recenti comunque il nostro paese ha dimostrato una ripresa di vitalità, mobilitando risorse sia pubbliche che private che fanno ben sperare per il futuro. C’è bisogno però di un lavoro di sistema che forse la Quadriennale ha maggiore vocazione a fare, e che noi ci impegniamo a fare a beneficio di tutti coloro che vogliono contribuire ad un progetto di rilancio della nostra creatività artistica.
-Santa Nastro
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