Atla(s)now: dove l’arte incontra lo sci

Appuntamento con la rubrica Focus, animata dai racconti in prima persona dei fondatori di realtà che lavorano su arte e creatività con un orizzonte lungo. Ben diverso sia da quello del museo che da quello della singola mostra. Realtà che operano sul nostro territorio o che nascono per iniziativa di artisti, curatori, critici, attivisti italiani. Stavolta la parola va ad Angelo Bellobono, ideatore di Atla(s)now.

Il Mediterraneo è un grande lago di montagna, amo osservarlo dall’alto delle sue vette, che uso come cerniere, ponti tra i Paesi che lo incorniciano, torri di avvistamento che, sommate insieme, creano una visione: il Monte Mediterraneo. Circa dieci anni fa ho immaginato un luogo che concentrasse nord e sud, non più Europa ma non ancora Africa, ricco di contrasti geografici e antropologici, inaspettato. C’è sempre un sud più a sud e un nord più a nord, fino a quando gli estremi diventano quasi la stessa cosa.
Un Marocco di neve e ghiaccio è un invito a guardare oltre i luoghi comuni e il pretesto per far interagire la mia identità di artista e sciatore professionista. La catena dell’Atlante ha molte vette da 4000 metri; il Toubkal, simbolo di Atla(s)now, con i suoi 4.167 metri, è la più alta del Nord Africa, la più a sud del Mediterraneo, che immagino in dialogo con il Monte Bianco, bastione nord di questo “mare”; i Paesi del Mediterraneo sono prevalentemente montuosi, con un’altitudine media di circa 2.700 metri, e l’Italia è naturale terrazza fra Oriente e Occidente.
Credo che l’arte abbia “anche” la funzione di inventare nuova umanità, senza autocelebrarsi parassitando luoghi e storie. Se si sceglie di interagire con delle comunità, bisogna predisporsi ad ascoltarle e non arrivare con un racconto già scritto, o assegnare un compitino da portare a casa chiamandola “opera”.
Così nasce Atla(s)now, progetto interdisciplinare condiviso, in cui l’arte e gli sport di montagna vengono utilizzati come mezzi di relazione sociale e sviluppo sostenibile in alcune comunità berbere dell’Alto Atlante. Consiste in un programma di residenze per artisti e training formativi per professionisti della montagna, maestri di sci e guide alpine locali. Gli artisti preparano lavori site specific e workshop con la comunità utilizzando esclusivamente risorse locali. Le opere realizzate creano un museo diffuso e diventano strumenti di connettività sociale.
I professionisti della montagna, collaborando spesso con gli artisti, svolgono corsi di formazione per maestri di sci e guide locali, atti a potenziare competenze tecniche e garantire un elevato livello di sicurezza in montagna, proponendo opportunità di lavoro sostenibili, qualificate e utili a rinforzare, insieme alla presenza del museo diffuso, la microeconomia locale. Le difficoltà iniziali sono state molte; esplorare un territorio geograficamente impegnativo, con uno stile di vita socio/culturale essenziale, dove si parla Amazigh e pochi comunicano in francese o inglese, ha richiesto energie notevoli per costruire le basi tecniche e umane del progetto. Poi, nel corso degli anni, grazie al sostegno e alla collaborazione di Mike McHugo, proprietario della Kasbah du Toubkal, Aniko Boehler, antropologa e fondatrice di molti progetti nell’area, e Fondazione Peretti, siamo riusciti a ospitare artisti, curatori e guide alpine, realizzando 10 workshop, 14 opere diffuse e 5 training professionali. Alessandro Facente, curatore indipendente, ha seguito attivamente il progetto sino allo scorso anno e si sono succeduti artisti come Andrea Nacciarriti, Adam Vackar, Sara Ouhaddau, Safaa Erruas, Alessandro Bulgini, Ettore Favini e Mo Baala, e guide alpine come Raffaele Adiutori. Inoltre, Id Ali Brahim, una guida marocchina invitata da Atla(s)now, ha trascorso nel 2014 un periodo di residenza in Italia.
L’integrazione tra varie discipline (l’arte, il trekking e lo sci alpinismo) rendono Atla(s)now un progetto in cui il luogo, l’opera e l’azione innescano confronto e condivisione. Il corpo stesso dei partecipanti diventa un importante strumento per percepire e appartenere al territorio, per costruire pensiero e relazioni tra uomini e montagne. Ogni artista deve misurarsi con le proprie potenzialità fisiche, umane e artistiche, al di fuori delle proprie zone di comfort, trasformando l’intuito, la conoscenza e le competenze in relazioni umane che diventano opere d’arte e stimolano in vario modo una microeconomia.  

Atla(s)now

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7 ANNI DI PONTI MONTANI

Di un progetto lungo e ricco di momenti importanti si può tentare di fare un elenco sintetico. Nel periodo di costruzione delle basi umane e tecniche per poterlo iniziare, ricordo i primi laboratori con i bambini, dove le femmine, ribellandosi ai maschi, hanno ottenuto di essere incluse nelle attività, producendo una piccola rivoluzione, la loro installazione di pietre dipinte; inoltre, i dipinti sulle plastiche raccolte ripulendo i sentieri. Andrea Nacciarriti e l’inno nazionale Amazigh fatto di storie cucite, cantate nella partita di calcio giocata sul campo dell’associazione Tiwizi, disegnato di effimeri simboli berberi. Adam Vackar e il magnifico tappeto di plastiche raccolte dal fiume con i giovani locali e realizzato con le donne dell’associazione Femenine Tamghart Noudrar di Imlil, usato per parlare di ecologia nelle scuole e sistemato in una classe del villaggio di Amred. Poetico e intenso il lavoro di Safaa Erruas, che ha coinvolto le ragazze locali in un percorso di “piacere”, non scontato in quei luoghi, un’esplorazione del territorio collezionando piccoli elementi vegetali che, combinati con materie tessili, sono divenute piccole sculture e poi cartoline da vendere.
Sara Ouhaddau e i suoi tappeti tessuti con tecniche antiche e design contemporaneo. Alessandro Bulgini e le scale decorate dalle donne di Tamghart Noudrar con elementi tessili, la decorazione della scala in metallo della torre alla Kasbah du Toubkal e delle basi dei tralicci elettrici presso l’associazione Tiwizi di Asni. L’Atla(s)now bus in occasione della quinta Biennale di Marrakech, concepito come opera ponte tra Marrakech e le sue montagne, sempre poco appetibili alle istituzioni perché faticose, e per far conoscere a centinaia di visitatori i luoghi e le attività del progetto.
Ricordo poi con piacere altri momenti significativi, come la residenza formativa in Italia della guida marocchina Id Ali Brahim, immane sforzo e impegno per consentire lo spostamento di una persona non libera di poterlo fare. La pietra dell’Atlante da lui decorata portata con sé, che ancora oggi spicca rossa tra le grigie rocce del Gran Sasso. Così come la salita scialpinistica al Toubkal con le guide abruzzesi e quelle marocchine per depositare le pietre del Gran Sasso con su inciso “Continuità di confine”.

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UN MODELLO SCALABILE

Dopo sette anni di attività, Atla(s)now vuole diventare un libro/guida e un documentario, e rappresentare un modello riproducibile che già si sta replicando, con le dovute differenze, nell’area dell’Appennino centrale colpita dal sisma con il progetto Io sono futuro. Insomma, è proprio il caso di dire, un modello “scalabile”.
Nel mese di settembre, Ettore Favini, Mohamed (Mo) Baala e Angelo Bellobono hanno lavorato insieme nell’area di Oukaïmeden, altopiano a 2.650 metri. Qui si trovano il maggior numero di incisioni rupestri dell’Alto Atlante, simili alle tarde incisioni camune della Val Camonica.
Questo aspetto ha rafforzato la ricerca di Ettore Favini, che negli ultimi anni sta lavorando all’ibridazione di simboli comuni nel bacino del Mediterraneo. Nel villaggio di Gliz questi nuovi simboli sono stati tessuti prendendo la forma di tappeti. Favini ha poi inciso su pietra rossa la scritta “Arrivederci” in arabo e in francese sotto una linea-mappa incisa che traccia i percorsi della transumanza, compiuti ogni anno per arrivare sull’altopiano, omaggio per un nuovo ritorno di un viaggio stagionale millenario.
Mo Baala, di origine berbera e con esperienza di pastore, ha stretto un forte rapporto con una famiglia di nomadi che vive negli azib, caratteristiche costruzioni di pietra e terra cruda. Lavorando sul racconto orale, tipico della cultura Amazigh: Mo Baala e il pastore hanno collaborato nell’elaborazione di un libro in triplice copia, fatto di parole, poesie e immagini. L’artista attiverà poi un workshop di scultura con gli abitanti, con lo scopo di creare una microeconomia legata alla vendita dei manufatti durante la stagione sciistica.
Angelo Bellobono, in doppia veste di coordinatore dei progetti e di artista, ha lavorato sulla rielaborazione dell’antica tecnica dell’incisione e pittura rupestre ispirata al paesaggio di montagna. Un disegno si è trasformato in un tappeto, omaggio alle camminate compiute durante la residenza. Ha poi realizzato una scultura ambientale utilizzando un ramo e dei vecchi sci da bambino piantati nel terreno; l’opera, dipinta interamente in bianco, durante l’inverno si mimetizzerà con il manto nevoso.
Si è poi fatta una verifica e risistemazione delle opere realizzate negli anni precedenti, al fine di renderle fruibili e rintracciabili dai visitatori.

Angelo Bellobono

www.atlasnowproject.com

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #40

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