Massimo Bartolini e le sue note a margine della cultura occidentale. A Roma
Magazzino, Roma – fino al 31 gennaio 2018. La quinta personale di Massimo Bartolini da Magazzino è incentrata su opere di nuova produzione. Che celebrano la nota a margine: un dispositivo di confronto, di rimando a un luogo altro.
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La mostra intitolata Atlante Occidentale, Daniele Del Giudice, Einaudi Tascabili, 1998, pag. 78 segna una nuovo ritorno al Magazzino di Massimo Bartolini (Cecina, 1962), che ormai nella galleria romana è più che di casa. Il focus è puntato su un elemento della composizione scritta che di solito è posizionato a latere dei concetti principali: le note a margine. Un titolo più che dettagliato, per raccontare di un Atlante Occidentale che prende forma attraverso la simbologia di segni esposti secondo dinamiche estetiche rarefatte, tutt’altro che esplicite e didattiche, ma realizzate nella “presenza/assente, tra il fisico e il metaforico”. Centrale è il Bodhisattva, figura del Buddhismo che rinuncia alla divinità per rimanere a insegnare agli uomini la via verso la divinità alla quale lui stesso ha rinunciato; Bartolini ne descrive così la condizione, “che sembra una contraddizione più che un sacrificio; un volontario gesto d’incompiutezza, una sorta di lacuna necessaria ad allontanare dalla totale, e per questo muta, partecipazione”. Il Bodhisattva è affiancato ad un’altra figura, lo stilita. Bartolini instaura un confronto tra i due insegnamenti, l’uno legato a un invisibile da assumere con l’esperienza della fede, e l’altro raggiunto tramite l’esercizio della logica, un confronto non sempre caratterizzato da un equilibrio. Proprio nelle parole del libro di Daniele Del Giudice, il vero punto dell’allestimento e dell’operazione: “Non aver bisogno di raccontare è l’unica cosa che incrina la felicità del vedere oltre la forma”.
– Ofelia Sisca
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