Uno sguardo sulla Russia. A Bologna
Villa delle Rose, Bologna ‒ fino al 18 marzo 2018. Nella idilliaca residenza al centro del Quartiere Saragozza, oltre quaranta lavori, provenienti dalla Collezione Gazprombank, formano una collettiva di arte contemporanea russa dal titolo “It’s OK to change your mind!” a cura di Lorenzo Balbi, direttore artistico MAMbo, e Suad Garayeva-Maleki, direttore curatoriale Mostre e Collezione Permanente dello YARAT Contemporary Art Space di Baku, Azerbaijan.
La Collezione oggi esposta a Villa delle Rose e di appartenenza del potentissimo Gruppo Gazprombank nasce nel 2012. La raccolta consiste (dati aggiornati al primo settembre 2016) di 160 progetti artistici appartenenti a 70 diversi artisti, per un inventario che vanta 770 pezzi in totale. Il corpus della collezione è una selezione di arte contemporanea russa, dagli Anni Novanta a oggi. Tra grafica, dipinti, fotografie, sculture, installazioni, documentazioni delle performance, video e libri d’artista, percorre con estrema compattezza estetica e formale una piccola parte della sconfinata storia della contemporaneità russa. Sebbene la collezione non sia fra le più note raccolte private russe contemporanee, il suo scopo è preservare l’idea originale di ogni progetto selezionato da Gazprombank, creando un nucleo unitario ma approfondito da diverse serie di lavori, che talvolta sono stati commissionati appositamente.
A partire dalla sua formazione, solamente a ottobre 2013, la Collezione Gazprombank aveva varcato i confini della Russia per essere esposta all’Albertina Museum di Vienna; a Bologna, dunque, arriva per la prima volta in Italia, in una versione necessariamente selezionata, ristretta e condizionata, presentando ventuno artisti.
LA MOSTRA
All’interno della Villa, seguendo un’impostazione curatoriale che dal 2018 vedrà gli spazi coinvolti in progetti espositivi di respiro internazionale, It’s OK to change your mind! vuole offrire una possibile lettura dell’arte contemporanea russa e un nuovo punto di vista sulle conseguenze delle avanguardie di inizio Novecento. A un secolo esatto dalla Rivoluzione d’Ottobre, la mostra sembra raccontare un volto frammentatissimo e nascosto della Russia, estremamente lontana dall’iconografia stereotipata che l’accompagna. La mostra, non a caso, prende il titolo da un progetto composto da diversi acrilici su tela del 2016 di Svetlana Shuvaeva. L’insieme dei frammenti pittorici che ne fanno parte possono interagire secondo varie combinazioni, e a loro volta traggono titolo da un popolare slogan di una campagna IKEA, simbolo di un’era non più consapevole del consumismo globale.
GLI ARTISTI
Tra un’installazione fotografica del 2013, ispirata alla struttura del teatro di arte drammatica di Sergey Sapozhnikov, e la serie di opere intitolata On the Sleeping Arrangements in the Sixth Five-Year Plan ‒ tele del 2012 su cui sono raffigurate disposizioni standard di camere da letto all’interno delle khrushchevki ‒ di Alexandra Paperno, emergono lavori come la serie di sculture a parete dal titolo Peace – Our Ideal (2003) di Arseniy Zhilyaev e le sculture belligeranti in bronzo e nichel di Anatoly Osmolovsky, così come la sfidante serie di documentazioni video delle performance di Elena Kovylina, che ben illustrano il paesaggio della società russa (Égalité, 2010; Red Pomegranates, 2010; Carriage, 2009; Boxing, 2009).
‒ Ginevra Bria
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati