Comfort e fiamme. L’inferno di Eugenio Ampudia a Roma
Real Academia de España, Roma ‒ fino al 1° aprile 2018. Incendi, scarafaggi e disagi. Il mondo dell'arte e della cultura come emblema di un inferno che Eugenio Ampudia arreda di anacronistici comfort, critiche caustiche e ironiche alle tappe forzate da museo, al surplus di eventi risibili, al feticismo delle opere notabili.
Eugenio Ampudia (Melgar, Valladolid, 1958), alla prima personale in Italia, piazza le porte degli inferi alla Real Academia de España a Roma. I gironi sono quattro, saloni tematici in cui è dato meritato castigo alle verità inutili, alla manipolazione programmatica operata dalla cultura di massa, al consumo fulmineo delle opere d’arte. Le prime due sale presentano una simbologia scarna di fiamme e scarafaggi, nemici di ogni stagnazione. La forza provocatoria del gioco porta Ampudia a incendiare di luci una biblioteca con l’installazione site specific Fuoco Freddo. Nel nome di Marinetti, la cenere sarà ancora una volta concime per moderni semi. Nuovi libri fanno sfoggio di sé in altri scaffali, i loro dorsi-video trasmettono idee in movimento, nozioni immediate da recepire senza l’assillo verboso dei testi: Le parole sono troppo concrete è un invito alla comunicazione lampo, dall’occhio al cervello attraverso segnali elettrici, virus fatale dell’inchiostro. Il cammino infernale prosegue tra mura infestate da insetti di carta, Piaga, inviti a mostre che si moltiplicano e propagano all’infinito. Né l’Accademia di Spagna né i musei romani sono assolti, i loghi griffano zampe e addomi. Parassiti invadenti con cui fare i conti, forme di vita inferiori, dittatori in incognito di una progressiva calamità culturale.
IL SONNO DELLA CULTURA
La mistica dell’azione e i violenti pronunciamenti programmatici delle prime due sale sono risolti, nel Salone in cui dormire, da una serie di video dall’intimismo esistenziale. Ampudia è sullo schermo, trascorre la notte in spazi rappresentativi dell’arte e della cultura, se ne riappropria, da solo, in un muto dialogo tra forze creative. Granada, Lisbona, Barcellona, Città del Messico, Roma. Contro ogni feticismo del turismo d’arte si accampa al cospetto delle fucilazioni de Il 3 maggio 1808 di Goya, al Prado di Madrid. Ore interminabili rese in time-lapse, resistenza non violenta ai ritmi arditi delle maratone da museo spese alla ricerca dell’opera di fama più lucente. Il passaggio successivo alla meraviglia rinascimentale del Tempietto del Bramante mette in gioco lo spettatore nell’installazione che dà il titolo all’intero progetto, Un inferno comodo. Il mordi e fuggi è bandito. Fiamme-cuscini sono disseminati all’interno della cella circolare, divorano di morbidezza la statua di San Pietro posta sull’altare e invitano a goderne. Martirio consapevole, l’esortazione è la ricerca della migliore posizione. Dormire per poi ridestarsi, il sonno eterno è ancora lontano.
‒ Raffaele Orlando
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