Nel nome del padre. Filippo Berta a Mestre
Sonda il labile confine tra sacro e profano, Filippo Berta (Treviglio, 1977). Il limite tra la corporeità umana e la sfera spirituale nel tentativo estremo di svelare la figura emblematica dell’eroe, nel video che apre l’esposizione e mostra la catena di assemblaggio industriale di un crocifisso, sottolineandone la privazione della connotazione divina attraverso la sua […]
Sonda il labile confine tra sacro e profano, Filippo Berta (Treviglio, 1977). Il limite tra la corporeità umana e la sfera spirituale nel tentativo estremo di svelare la figura emblematica dell’eroe, nel video che apre l’esposizione e mostra la catena di assemblaggio industriale di un crocifisso, sottolineandone la privazione della connotazione divina attraverso la sua produzione seriale. Cardine intorno al quale ruota l’intero progetto è il video dell’azione collettiva, anticipata alla sesta edizione della Biennale di Salonicco e riproposta a Mestre, dove donne e uomini, scalzi e sulla punta dei piedi, si allungano fino allo stremo per raggiungere il punto più alto e fissare al muro, con chiodi e martello, ognuno il proprio crocifisso. Performance suggestiva che è metafora dell’inclinazione della natura umana impegnata a superare i propri limiti attraverso il sacrificio. Riflesso di una ricerca spasmodica della perfezione che inevitabilmente fallisce.
Il risultato è una linea di demarcazione irregolare, sotto la quale si stagliano di spalle i protagonisti, che l’artista immortala sintetizzandola in un unico scatto per poi smembrarlo e dare luogo a una serie di ritratti, a dimensione naturale, che invade una delle sale imponendosi in maniera monumentale.
L’inaugurazione della mostra ha dato il via al secondo appuntamento con Venice Galleries View, itinerario ben riuscito che ha coinvolto nove gallerie a conduzione femminile.
‒ Roberta Vanali
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