Scultura e sostanza. Marino Marini a Venezia
Collezione Peggy Guggenheim, Venezia ‒ fino al 1° maggio 2018. Parte dagli Anni Venti e raggiunge gli Anni Cinquanta l’itinerario espositivo che si dipana attraverso gli ambienti della sede veneziana. Racchiudendo la vicenda scultorea di Marino Marini.
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Corre lungo la linea del tempo la retrospettiva che la Collezione Guggenheim di Venezia dedica al talento scultoreo di Marino Marini (Pistoia, 1901 ‒ Viareggio, 1980), dopo aver ricevuto il testimone da Palazzo Fabroni, a Pistoia. Oltre cinquanta opere dell’artista toscano innescano un dialogo con gli stilemi plastici passati e recenti, a cominciare dal modello etrusco, ben vivido nei busti e nelle sculture equestri, terreno d’indagine particolarmente battuto da Marini.
Da Andrea del Verrocchio a Giacomo Manzù, passando per il “mentore” Rodin e il contemporaneo Henry Moore, sono molteplici i riferimenti iconografici cui Marini guarda nell’arco della propria esistenza, assorbendoli senza però scalfire la carica di autonomia e originalità che contraddistinguevano il suo fare creativo. Una poetica indipendente e radicata, alla base di soluzioni scultoree dense e piene, sintetiche e possenti, nelle quali giochi di linee ridotte all’osso delimitano l’esplosione di gesti trattenuti soltanto dalla materia. Ecco allora che figure come il Nuotatore, le Pomone o il Giocoliere, pur strizzando l’occhio a una lunga tradizione scultorea, mantengono, intatta, la loro potenza visiva. Facendo indugiare lo sguardo sulla sintesi delle forme e la concretezza, tangibile, della sostanza.
‒ Arianna Testino
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