Il codice delle vergini. Silvia Bigi a Forlì

Fondazione Zoli, Forlì – fino al 14 aprile 2018. La Fondazione Zoli riparte dai giovani con la fotografa ravennate Silvia Bigi e la sua ricerca di ricostruzione di un'identità di genere (forse) perduta.

La Fondazione Dino Zoli prosegue in modo eccellente la sua attività affacciandosi alla giovane arte contemporanea, in questo caso alla fotografia. Con la nuova direzione di Nadia Stefanel, già direttrice del Correggio Art Home, e la volontà di Dino Zoli di avvicinarsi al mondo artistico emergente, parte il progetto Who’s next, che si affianca alla presenza di nomi importanti e riconosciuti.
L’albero del latte di Silvia Bigi (Ravenna, 1985) nasce da un ritrovamento dietro casa e apparentemente casuale, avvenuto prima di una residenza della fotografa a Dubrovnik. Le immagini ritrovate di vergini giurate, le tobelije dei Balcani, diventano nelle sue riproduzioni storia universale, simbolo delle costrizioni subite dalle donne a livello sociale e antropologico, un passato purtroppo non così lontano nemmeno dal nostro ‒ per così dire ‒ moderno Paese.
Silvia Bigi prende spunto dal Kanun balcanico, severo codice di comportamento per donne che scelgono volutamente di vestirsi e comportarsi da uomini, riuscendo nel difficile compito di non banalizzarlo ma di farlo suo pur stravolgendolo, collegandosi – con un falso codice di cui ricostruisce minuziosamente il ritrovamento con tanto di fittizio articolo di giornale – al rude linguaggio del dialetto romagnolo, per denunciare un’identità di genere che conviene rimarcare con decisione in tempi abbrutiti dalla piaga dei femminicidi.

Silvia Bigi, Il sangue e il latte, 2017, dalla serie L'albero del latte

Silvia Bigi, Il sangue e il latte, 2017, dalla serie L’albero del latte

LATTE E SANGUE

La voce della poetessa Luisa Turci, che intona le leggi ricamate su un lungo lenzuolo di lino bianco, come una voce inascoltata da tramandare da madre in figlia, identifica una nuova visione di potere al femminile che accompagna il visitatore come un mantra rivoluzionario da tenere bene in mente. A tutto ciò, la fotografa afferma con convinzione una risposta attiva, una scelta radicale e non sempre compresa di libertà, creando un dialogo tra natura e cultura, mostrando il baule della dote da cui sguscia fuori un’anguilla come simbolo di rottura (Il corredo della sposa) e i doveri della prima notte che si tramutano in esercizi ginnici (Esercizi di preparazione ai doveri della prima notte), con una simbolica provocazione che allude a una grottesca amarezza di fondo. Il latte della stirpe femminile dedita alla nutrizione, dunque, che si contrappone al sangue di quella maschile, nato per la riproduzione (Il sangue e il latte), contiene un messaggio che si decodifica attraverso la mistificazione dell’immagine  rappresentata ‒ i ritratti delle vergini del Kosovo e del Montenegro avvicinati a semi di coriandolo misti a terra ‒, ma che ricerca anche una possibile riconciliazione tra uomo e donna, nel momento in cui le due stirpi si ritrovano divise per poi arrivare a dissolversi inesorabilmente l’una nell’altra.

Francesca Baboni

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Francesca Baboni

Francesca Baboni

Francesca Baboni vive a Correggio (Re). Laureata in Lettere Classiche con indirizzo storico-artistico all'Università di Bologna, è critico d'arte, storico dell'arte e curatrice indipendente. Da diversi anni cura per spazi privati ed istituzionali mostre personali e collettive di artisti contemporanei,…

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