#whatif, a Copenhagen la mostra che racconta il legame tra rivoluzioni politiche e social network
Quanto i social network influiscono sui cambiamenti sociopolitici del mondo contemporaneo? È una delle riflessioni di #whatif, mostra di prossima apertura presso la Kunsthal Charlottenborg di Copenhagen ideata da Irene Campolmi, curatrice italiana di base in Danimarca. Ecco cosa ci ha raccontato
Cosa accadrebbe se potessimo vivere e volare senza usare combustibili fossili? E se l’arte potesse sradicare la povertà? E se i metodi artistici potessero essere usati per provare crimini contro l’umanità? E se il documentarismo potesse essere una forma di resistenza politica? Queste sono alcune delle domande poste dagli artisti partecipanti a #whatif, mostra collettiva che inaugurerà il 16 marzo presso il Kunsthal Charlottenborg di Copenhagen. L’esposizione è a cura di Irene Campolmi, curatrice italiana di base nella capitale danese, dove sta conseguendo il dottorato in Art Museum of the 21st Century. On Curatorial Ethics, Sustainability and Research in Contemporary Curating presso il Louisiana Museum, come ci ha raccontato in questa intervista.
IL CONCEPT: RIVOLUZIONI POLITICHE E IMPATTO SULLA SOCIETÀ…
Forensic Architecture, Renzo Martens e CATPC, Lara Baladi, Naeem Mohaiemen Tomás Saraceno, Marcus Lindeen e Larry Achiampong sono gli artisti coinvolti in #whatif, mostra nata dalle riflessioni sull’impatto che i progetti sperimentali sociali e politici hanno avuto sulla società durante gli anni Sessanta e i Settanta. “La mostra è organizzata da Kunsthal Charlottenborg in collaborazione con CPH:DOX (Copenhagen Documentary Festival), che in Europa è il secondo festival sul documentario più importante dopo quello di Amsterdam”, racconta ad Artribune Irene Campolmi. “Il tema scelto da CPH:DOX per quest’anno si focalizza sugli esperimenti sociali e politici che tra la fine degli anni Sessanta e agli inizi degli anni Settanta si proponevano di rivoluzionare il modo di pensare e di agire della società. Durante i nostri meeting, si parlava della radicalità delle lotte studentesche, delle manifestazioni femministe, delle proteste pacifiste per la parità dei diritti della ‘black community’ con Martin Luther King, Selma e Malcom X. Al tempo stesso, si discuteva della rivoluzione sessuale e dei cambiamenti di costume, convenienze sociali e politiche. Insomma, si parlava di come movimenti ideologici avessero cambiato il mondo e il modo di vivere – in anni diversi – di molte nazioni, culture e società”.
…E IL RUOLO DEI SOCIAL NETWORK
Ma quali sono gli avvenimenti sociopolitici contemporanei che hanno ispirato #whatif? “La rivoluzione in Egitto del gennaio 2011, la costante lotta tra Palestina e Israele, i movimenti femministi e tutti quelli contro ogni tipologia di estremismo e forma di razzismo degli ultimi anni”, spiega Campolmi. “In maniera inevitabile, non ho potuto fare a meno di pensare che queste rivoluzioni prendono forma su internet e sui social media al tempo stesso (se non prima ancora) che per le strade”. Da questa considerazione nasce il titolo della mostra, #whatif, un hashtag e un’espressione idiomatica che qui vengono utilizzate per aprire una discussione sulle dinamiche socipolitiche contemporanee. Sempre più spesso, oggi, i social media vengono utilizzati nella creazione di movimenti sociali, e gli hashtag sono diventati uno strumento per denunciare, sensibilizzare, segnalare, raccogliere folle, diffondere convinzioni politiche e istigare cambiamenti, come i noti hashtag e relativi movimenti #BlackLivesMatter, #metoo, #Jan25 e #Resist.
LA MOSTRA
Alla luce di queste riflessioni, agli artisti che partecipano alla mostra è stato chiesto di presentare progetti che possano dare una risposta alla domanda “cosa succederebbe se…?”, traendo ispirazione dalle problematiche sociopolitiche contemporanee. Ogni sala della mostra presenta un progetto politico diverso, e ognuno di essi proverà a offrire nuove soluzioni di coesistenza nonostante le attuali emergenze e fragilità che caratterizzano il mondo odierno. CATPC e Renzo Martens tentano di porre rimedio alla disparità economica tra l’emisfero settentrionale e meridionale; Forensic Architecture si serve dell’arte e dell’architettura per indagare sui crimini contro l’umanità; Lara Baladi utilizza l’archiviazione di materiale dalla rivolta di piazza Tahrir durante la primavera araba come mezzo di resistenza; Marcus Lindeen e Naeem Mohaiemen presentano entrambi nuovi sviluppi di due esperimenti sociali degli anni Settanta; Tomás Saraceno esamina nuovi modi di vivere nell’Aerocene – un’epoca futura di coscienza ecologica senza fossili; Larry Achiampong esplora l’afrofuturismo e riflette sulle possibilità di unità nel continente africano.
– Desirée Maida
Copenhageh // dal 16 marzo al 20 marzo 2018
#whatif
a cura di Irene Campolmi
Kunsthal Charlottenborg
Kongens Nytorv 1
www.kunsthalcharlottenborg.dk
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