L’America Latina si racconta. A Roma
AlbumArte, Roma ‒ fino al 21 aprile 2018. Una interessante collettiva di artisti perlopiù latinoamericani indaga il concetto di luogo ideale. Tra utopia e disincanto.
Realtà complessa in dinamica trasformazione, teatro di contraddizioni e conflitti ma anche di democrazia partecipata, laboratorio politico e sociale e di sperimentazioni sull’ecosostenibilità, l’America Latina oggi è da considerarsi sempre più lontana da quella immagine stereotipata che dai tempi della colonizzazione la vedeva come un paradiso vergine abitato secondo strutture semplici.
Ed è proprio l’idea del Paradiso, da sempre fonte di spunti e citazioni letterarie, a fare da titolo e leitmotiv della esposizione con il proposito “di rovesciare parte del concetto di luogo ideale, punto di osservazione privilegiato, disincanto e utopia”, scrive la curatrice Rosa Jijón.
In mostra, quattro artisti latinoamericani che vivono in Europa e un’artista italiana affine alla loro poetica. Ecco allora che lo spazio si fa contenitore di ibridità culturale, da intendersi non solo quale oggetto di analisi politico-sociale, quanto piuttosto in termini di pratiche attive in grado di mettere in discussione le forme e i canoni, esplorare la relazione tra l’identità e la differenza, le collocazioni e le dislocazioni geografiche, i confini e i riposizionamenti culturali, attraverso un processo in divenire di costante contaminazione.
PARADISO E CULTURA
All’ingresso della galleria il Paradiso in terra del colombiano Juan Esteban Sandoval. Una serie di cinque vedute acrilico e terra su carta riproducono luoghi simbolo di un’Italia idealizzata, sulla falsariga dei vecchi manifesti e cartoline. Accanto, l’installazione di Elena Mazzi: sei telai in legno e cera d’api, con impresse le mappe di città, innescano riflessioni e parallelismi tra l’apicoltura nomade e la figura dei lavoratori migranti. Più avanti, la pianta tropicale viva del brasiliano Marlon de Azambuja lascia intravedere nuovi germogli tra le foglie interamente ricoperte di pittura, mettendo l’accento sul processo di rivitalizzazione che l’artista associa alla cultura brasiliana, sia nel campo delle arti e dell’architettura, sia nell’idea utopica della modernità.
APPARENZE E PUNTI DI VISTA
Nella seconda stanza, tra etica e politica, ecco il video di Estefanía Peñafiel Loaiza, originaria dell’Ecuador: la telecamera gira intorno al Centre de rétention di Parigi, luogo di tensioni, scegliendo di riprenderlo da lontano. L’artista mette in risalto la nostra incapacità di vedere ciò che realmente accade e che, almeno in apparenza, non ci riguarda. Come nelle immagini su tavola luminosa che si rivelano solo quando una mano vi passa sopra.
Infine l’opera dell’ecuadoregno Óscar Santillán, una lente ottenuta dalla fusione della sabbia del deserto di Atacama, poi utilizzata dall’artista per fotografare i suoi paesaggi. Le ventiquattro immagini proiettate sembrano aver mutato punto di vista e il soggetto, da osservato, diviene inquietante osservatore.
‒ Lori Adragna
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