Airbnb rilancia i borghi storici. Parola a Lorenzo Vitturi
Tre artisti italiani all’opera per valorizzare i borghi di Civitacampomarano, Sambuca di Sicilia e Lavenone. Paesini spopolati e dimenticati che, attraverso l’arte, l’architettura e il design, rinascono a nuova vita. Ne abbiamo parlato in anteprima con Lorenzo Vitturi.
Dal prossimo giugno, tre dimore storiche reinventate da Lorenzo Vitturi, Edoardo Piermattei e Olimpia Zagnoli saranno prenotabili su Airbnb dai viaggiatori di tutto il mondo, e i ricavati serviranno a sostenere le attività delle comunità locali. I tre artisti sono già al lavoro per il secondo capitolo del progetto Borghi Italiani, inaugurato nel 2017 con Francesco Simeti a Civita di Bagnoregio.
Borghi Italiani punta a incentivare la riscoperta e il turismo consapevole all’interno dei borghi storici del Belpaese. Sostenuta da MiBACT e ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani), e sviluppata in collaborazione con EligoStudio e alcune grandi firme del design internazionale, l’iniziativa coinvolge artisti che creeranno opere site specific, in dialogo con edifici e habitat circostanti. “Le opere installate all’interno delle case”, spiega la curatrice Federica Sala, “sono visibili solo a chi le prenderà in affitto, ma restano comunque un patrimonio della collettività in quanto realizzate ad hoc per un bene immobiliare di proprietà del Comune. Le opere sono in dialogo con i luoghi e contribuiscono ad aggiungere un valore contemporaneo a quello storicamente indiscusso”. Nelle prossime settimane, dunque, il borgo di Lavenone (BS), fra i monti della Val Sabbia, sarà interpretato dall’illustratrice Olimpia Zagnoli; Sambuca di Sicilia (AG), tra vigneti d’eccellenza e radici arabe, è affidata a Edoardo Piermattei; mentre Civitacampomarano (CB) vedrà l’intervento di Lorenzo Vitturi (Venezia, 1980). Sulla casa che fu un tempo dell’illuminista e politico italiano Vincenzo Cuoco.
L’INTERVISTA
Lorenzo Vitturi, quali aspetti di Civitacampomarano ti hanno colpito di più e perché?
Per il mio lavoro artistico, prendo ispirazione dalla strada, dall’osservazione dello spazio, e questo luogo mi ha subito rapito. Per la bellezza del borgo classico immerso nel paesaggio degli Appennini, con la forma di una nave incastonata sul colle. Qui sei in pace, non senti nostalgia di niente. Tra l’altro, la posizione e la forma del borgo seguono un asse ben preciso da sud a nord, dalla parte antica (diroccata e sventrata) alla parte più nuova. Anche la casa di Vincenzo Cuoco, sulla quale intervengo, segue quest’asse. Io sono veneziano, quindi per me l’immaginario delle navi e del mare è fondamentale. Poi, certo, Civita è un borgo oggi abbandonato, mancano gli abitanti. A livello estetico può essere suggestivo, ma il borgo è in bilico, si sta sgretolando.
Rivelaci qualcosa della casa su cui intervieni. Di quali caratteristiche particolari hai tenuto conto per sviluppare il tuo lavoro?
Nella dimora c’è una stanza di forma piramidale, che segue la vista incredibile del borgo di Civita, e molti miei pezzi saranno collocati in questo ambiente. Altri saranno sistemati all’ingresso, un altro spazio interessante, dai soffitti molto alti, che mi permetterà di intervenire sfruttando l’altezza. Svilupperò l’idea di arazzo, collocando inoltre un neon sospeso che segue l’asse sud-nord che caratterizza sia il borgo sia la casa, lungo una linea reale e immaginaria.
C’entra in qualche modo l’opera di Cuoco?
Per il mio lavoro sono partito, tra l’altro, dal suo libro Platone in Italia, un viaggio immaginario in cui Cuoco descrive la sua terra a Platone. Nel libro è evidente la predilezione dell’autore per l’elemento terra. Terra come luogo in cui si sviluppano civiltà e cultura. Il mare, in questo senso, è in totale contrapposizione: è caotico, incerto e imprevedibile. Da veneziano, io ho una visione del mare diametralmente opposta, lo vedo come opportunità. Ecco perché il contrasto mare/terra è diventato una delle idee portanti del mio intervento site specific.
La tua ricerca artistica si muove tra bi- e tri-dimensionalità, tra fotografia e scultura. A Civitacampomarano prosegui su questa linea?
Assolutamente sì. All’interno delle case diroccate, nella parte più vecchia del borgo, ho raccolto una serie di oggetti comuni in disuso. Raccatterò anche pietre del bosco, zolle, calanchi, insomma voglio inglobare l’elemento naturale. Con questi elementi realizzerò delle composizioni scultoree effimere, che poi verranno fotografate. Ogni scultura è in equilibrio precario, e può durare da dieci minuti a due ore. Poi la distruggo, e rimane solo la foto. In modo simile alle sculture, le case sono in biblico, il borgo stesso è in bilico, sta sopravvivendo.
Negli scorsi anni, il tuo lavoro è stato connotato da una forte sensibilità nell’uso del colore. A Civitacampomarano questa tua sensibilità come agisce?
Quando sono arrivato a Civita, ho notato subito un insolito blu oltremare intorno alle porte d’ingresso delle case. Una sorta di colore perduto. Ho chiesto al sindaco, alle signore del posto, non capivo il perché di questo colore, che fa assomigliare il borgo a un villaggio della Grecia. Nessuno ha saputo indicarmi la provenienza, è un blu che si è smarrito nel tempo. Per questo progetto, tutti gli elementi che troverò e che utilizzerò per realizzare le sculture saranno pigmentati in blu oltremare. In modo da ottenere un effetto di saturazione totale.
Uno dei tuoi luoghi di indagine prediletti, dicevi, è la strada. Dal 2016 a Civitacampomarano si tiene il CVTà Street Fest, in cui i linguaggi della Street Art ridisegnano il borgo e il paesaggio con la partecipazione dell’intera comunità. Il tuo intervento dialoga in qualche modo con questa esperienza?
La strada è la sorgente di tutte le mie idee creative, e sicuramente la componente strada verrà sviluppata all’interno di questo mio lavoro. Il movimento è dalla strada alla casa, ma anche dalla casa alla strada. Riporterò il lavoro dall’interno della dimora storica all’esterno, tramite interventi pittorici e citazioni tratte dal libro del Cuoco sulle facciate esterne degli edifici.
E dopo Civitacampomarano, cosa bolle in pentola?
Sono appena tornato dal Perù per lavorare a un progetto a lungo termine, autobiografico e autoreferenziale, che parte da una storia familiare. Mia madre è peruviana, mio padre veneziano. Negli Anni Sessanta, ancora giovane, mio padre aprì una produzione di vetro artistico di Murano in Perù. Fu in questo modo che conobbe mia madre. Per questo mio viaggio ho portato con me in Perù 80 kg di vetro grezzo, quello che a Venezia chiamiamo “cotisso”, che poi viene fuso e soffiato. Per creare le mie opere sto fondendo i materiali muranesi con quelli locali, collaborando con giovani artigiani peruviani.
– Margherita Zanoletti
www.airbnbcitizen.com/italian-villages
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