La cosmologia di Matt Mullican. A Milano
HangarBicocca ospita il lavoro del californiano Matt Mullican, protagonista di un mostra ossessiva. Con circa 6mila opere tra cui perdersi.
Come muoversi all’interno di un monumentale campo da tennis o districarsi in un ipertrofico Second Life, lungo una superficie di 5mila metri quadrati: The Feeling of the Things è una retrospettiva kolossal, la più grande mai realizzata su Matt Mullican (Santa Monica, 1951), che occupa le Navate e il Cubo di Pirelli HangarBicocca, a cura di Roberta Tenconi.
Mullican sviluppa The M.I.T. Project – già concepito negli Anni Novanta in occasione di una personale al Massachusetts Institute of Technology –, in un allestimento enciclopedico che articola in una dialettica tra perdita e definizione di un metodo di sistematizzazione dei noumeni e fenomeni. L’archeologia industriale di HangarBicocca, diffusamente illuminata, si configura come il corpo di una gigantesca balena da percorrere attraverso una tassonomia delle sue opere più iconiche, dall’inizio degli Anni Settanta a oggi.
Pioniere dell’utilizzo dell’ipnosi come pratica performativa nell’arte contemporanea, in oltre quarant’anni di carriera artistica, ha sviluppato una cosmologia, visiva e concettuale, che riassume nel diktat “I love to work for truth and beauty”, di cui autore è That Person, ovvero l’alter Ego, senza età e senza sesso, di Matt Mullican che opera in stato di trance ipnotica.
UMANISTA CONTEMPORANEO
The Feeling of the Things ha tutto il sapore di una personale Wunderkammer, dove Mullican, umanista contemporaneo, colleziona, seleziona, ammonticchia e cataloga su bulletinboards oltre seimila oggetti tra opere provenienti dai musei di Storia Naturale e della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, fra ready-made e produzioni site specific, insieme a disegni, light-box, video, rubbing, sculture e grandi installazioni.
A far da cartina da tornasole è Untitled (1990), all’ingresso della mostra, nella Piazza di HangarBicocca: opera commissionata per gli spazi di Le Magasin a Grenoble, consiste in quattro stendardi in cui Mullican sciorina il suo vocabolario-legenda dei “Cinque Mondi”. A ogni colore-significante corrisponde un significato: verde per gli elementi fisici e materici; blu per la trivialità quotidiana e cittadina; giallo per la scienza, l’arte e la cultura; bianco-nero per il linguaggio, i simboli e la comunicazione; rosso per la psiche e la soggettività delle idee.
UN ALL OVER SELVAGGIO
The Feeling of the Things tradisce due verità fondamentali: la prima, autobiografica, affonda le origini nella tradizione collezionistica di oggetti di arte tribale e oceanica della famiglia; Matt è figlio della pittrice surrealista venezuelana Luchita Hurtado e dell’artista americano Lee Mullican. La seconda, universale, conferma che l’artista è un uomo abitato da un’ossessione. Come racconta Dallas Project, la babelica installazione di oltre quattrocento fogli in bianco e nero dipinti tramite sfregamento su superfici in rilievo, Rubbings, che Mullican dipana lungo la superficie del Cubo nel colosso industriale meneghino, in un all over selvaggio e bulimico.
‒ Giusi Affronti
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