KURA. e la generazione degli artisti italiani Anni Ottanta
Un nuovo spazio espositivo ha fatto il suo debutto sulla scena milanese. Si tratta di KURA., voluta storpiatura del progetto editoriale di Andrea Baccin e Ilaria Marotta, e il suo obiettivo è dare visibilità a una complessa generazione di artisti.
In quelli che erano gli spazi di Peep-Hole presso la leggendaria Fonderia Artistica Battaglia di Milano, nella zona Cenisio di fronte alla galleria Lia Rumma, è appena stato inaugurato lo spazio KURA. Il nome nasce da una “storpiatura” di quello della rivista Cura.
“La pronuncia” ‒ si legge nella nota stampa ‒ “è la stessa, ma la K rappresenta l’intruso, l’elemento di novità che fonda le sue radici nell’idea stessa di uno spazio okkupato e si lega altresì alla K di tante Kunsthalle, senza necessariamente definirsi tale”.
In parole semplici, è lo spazio fisico e l’estensione della rivista e si affianca alla programmazione di mostre già curate da Andrea Baccin e Ilaria Marotta, founding director di Cura., nello spazio basement di Roma.
L’OBIETTIVO
La mission è la seguente: “Alternare mostre personali e collettive di artisti perlopiù appartenenti alla generazione nata a cavallo dei primi Anni Ottanta, emersa sulla scena internazionale”. E da qui nasce una riflessione. Considerando che la percentuale di artisti italiani nati nei primi Anni Ottanta, per le ragioni che tutti conosciamo ‒ curatori italiani all’estero esterofili, gallerie italiane importanti e influenti poco propense a supportare gli emergenti di casa nostra, debole presa delle nostre riviste specializzate all’estero… ‒, e che soprattutto siano emersi su scala internazionale è, purtroppo, irrisoria, dobbiamo dedurre che il nuovo spazio milanese sarà prevalentemente okkupato da artisti stranieri?
L’impressione è che il nuovo spazio segua un modello più vicino a una galleria privata, giustamente, interessata a far confluire collezionisti e addetti ai lavori piuttosto che visitatori curiosi. C’è interesse da parte di KURA. ad ampliare il bacino d’utenza oltre l’autoreferenzialità del nostro piccolo sistema dell’arte contemporanea? E quanto spazio sarà dato agli artisti che, con fatica, hanno deciso, o non hanno potuto per varie ragioni, di migrare all’estero, ad esempio verso Londra, Berlino, Bruxelles? Sul sito Internet del nuovo spazio non vi sono, ad oggi, gli orari e i giorni di apertura. Che cosa succederà quindi dopo il “grand opening”?
MILANO E GLI ARTISTI
Di contro, a Milano stiamo assistendo a un fenomeno interessante. Gli artisti in città, per autopromuoversi o promuovere i propri colleghi, si sono “dovuti” organizzare autonomamente, okkupando spazi alternativi. Pensiamo al giovane Matteo Cremonesi che, grazie al supporto di un imprenditore appassionato d’arte, gestisce in zona Porta Romana lo spazio Office Project Room, o all’artista Alessandro Laita che mette a disposizione il suo studio in zona Porta Venezia per una serie di mostre dal titolo Conversation Piece per cui dà, generosamente, visibilità a giovani artisti italiani, o allo spazio indipendente Current, in zona Sant’Ambrogio, piattaforma indipendente avviata da artisti e curatori (Alessandro Azzoni, Ruben De Sousa, Tania Fiaccadori, Carlo Miele, Francesco Pieraccini e Marcella Toscani) dove sono transitati e transitano molti giovanissimi artisti italiani. Solo per fare qualche esempio. Al grand opening ce n’erano molti di giovani artisti italiani. L’impressione però è che rimangano, purtroppo, solo delle comparse.
‒ Daniele Perra
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