La vita della forma. Ho Kan a Monza
Villa Reale, Monza ‒ fino al 9 luglio 2018. La prima retrospettiva italiana su un antesignano dell’Astrattismo cinese. Ispirato dalle Avanguardie occidentali ma ben radicato alle proprie origini, Ho Kan traccia la sua arte oltre i colori e le forme.
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Fin dai tempi dei suoi studi artistici, Ho Kan (Nanchino, 1932) è stato guidato da un desiderio di emancipazione rispetto alla sua vita e alla sua opera. Il risultato è evidente nei lavori selezionati per la mostra che si sviluppa nelle sale di rappresentanza e al primo piano nobile di Villa Reale, in netto contrasto con il neoclassicismo sfarzoso degli ambienti.
L’allestimento segue cronologicamente l’attività dell’artista (“perché il percorso di Ho Kan l’ha portato a purezza e leggerezza” spiega la curatrice Sabine Vazieux), a partire dagli Anni Cinquanta, quando si sposta a Taipei, in Taiwan, dove frequenta il Dipartimento Provinciale di Belle Arti che presto percepisce però come una formazione prettamente accademica e che quindi abbandona per seguire gli insegnamenti del pittore Lee Chun-Shan. Nel ’56 fonda il Ton Fan Art Group insieme ad altri sette artisti, gruppo dichiaratamente antiaccademico che resisterà fino al 1971.
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Ho Kan, Untitled 90, 60 x 60 cm, olio su tela, 1990
LE OPERE
Nel 1964 Ho Kan approda in Europa e si stabilisce a Milano, dove rimarrà per mezzo secolo. Da subito esplora la pittura a olio e s’interessa a movimenti quali il Surrealismo e l’Astrattismo, ma studia anche l’opera di maestri quali Cézanne, van Gogh e Gauguin. Visitando in particolare la Sala A, che raccoglie alcuni tra i suoi primi quadri e dei bozzetti, si notano composizioni che potrebbero quasi evocare Dalí o Ernst. E si tratta di alcune delle opere più peculiari dell’intera esposizione, forse le immagini più acerbe ma più urgenti.
Come sottolinea lo storico dell’arte Hsiao Chong-Ray, a un’occhiata superficiale i quadri di Ho Kan possono sembrare molto simili ai dipinti astratti dei colleghi occidentali. Guardando più da vicino si notano però dettagli tipici della sua espressione e soprattutto un forte condizionamento che giunge dal suo passato: molte tra le forme che sviluppa nascono dai sinogrammi cinesi e non sorprende sapere che il nonno dell’artista era un calligrafo.
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Ho Kan, Abstract 2016-002, 97 x 163 cm, olio su tela, 2016
SIMBOLI E SIGNIFICATI
Nei dipinti tornano spesso elementi simbolici ma mai rigidamente geometrici, anzi sempre realizzati a mano libera e senza supporti di alcun genere, quali il cerchio, il triangolo e il quadrato. I primi due, forse più di ogni altro pattern, veicolano significati e carichi estetici che hanno molto a che fare con i temi tesi alla spiritualità cari a Kan: i quattro elementi, la Trinità, il maschile e il femminile, il movimento, la simmetria, per citarne alcuni.
L’invito è quello di andare a vedere questa produzione in bilico tra due mondi, i cui quadri talvolta rischiano di passare per giochi di stile: un rischio che può correre solo chi opera liberamente.
‒ Lucia Grassiccia
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